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Echinacea (botanica)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Echinacea
Echinacea
angustifolia
Classificazione Cronquist
DominioEukaryotaRegnoPlantaeDivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
OrdineAsterales
FamigliaAsteraceae
SottofamigliaAsteroideae
TribùHeliantheaeGenere
Echinacea
Moench, 1794
Classificazione
APGRegnoPlantae(clade)
Eudicotiledoni(clade)
Asteridi(clade)Euasteridi II
OrdineAsterales
FamigliaAsteraceae
SottofamigliaAsteroideae
TribùHeliantheaeSpecie
Echinacea angustifolia
Echinacea atrorubens
Echinacea laevigata
Echinacea pallida
Echinacea paradoxa
Echinacea purpurea
Echinacea sanguinea
Echinacea simulata
Echinacea tennesseensis
Echinacea Moench, 1794 è
un genere di piante erbacee perenni della famiglia delleAsteraceae,
originarie del Nord America, comprendente
nove specie d'interesse
ornamentale ed erboristico.
Etimologia
Linneo battezzò
questo genere Rudbeckia in
omaggio a O. Rudbeck, botanico svedese del XVII sec. Il genere
fu poi rinominato da Moench, nel 1794, Echinacea (dal
grecoechinos, riccio), secondo alcuni autori per la struttura
dei semi che possiedono, alla loro sommità, un margine
con 4 denti appuntiti; secondo altri, per le brattee pungenti
del capolino.
Distribuzione
e habitat
Le Echinacee sono originarie del Nord America, presentano un
areale molto esteso che va dalle zone costiere del Golfo del
Messico alle Grandi Pianure (Great Plains), fino al Lago Grande
a Nord, alle montagne Rocciose ad Ovest ed alla catena degli
Appalachi ad Est, interessando numerosi stati. Le Echinacee
mostrano una notevole adattabilità alle diverse
condizioni ambientali; crescono spontaneamente sia nelle zone
di pianura che ad alta quota (fino ad oltre 1500 m di
altitudine), privilegiando aree aperte e soleggiate, senza
esigenze particolari di terreno anche se prediligono suoli
moderatamente fertili, ben drenati e tendenti al sabbioso, come
quelli delle grandi praterie nordamericane.
Descrizione
Le Echinacee sono piante erbacee
poliennali con riposo vegetativo invernale (la parte epigea si
dissecca in autunno), appaiono dalla primavera inoltrata
all’autunno e fioriscono tra giugno e agosto. L’apparato
radicale è più o meno fascicolato, con radici
singole di calibro differente; le foglie, riunite in rosette
basali e poi distribuite lungo gli scapi, sono lanceolate od
ellittiche, con margine intero o seghettato e generalmente
provviste di peli. Il fusto, di altezza variabile da 50 a
150 cm, ha un portamento eretto, si presenta più o
meno peloso, ramificato e rivestito di poche o molte foglie, a
seconda della specie. Ilcapolino è
terminale, lungamente peduncolato, con ricettacolo conico,
fiori ligulati (sterili) di lunghezza e tonalità
variabili dal bianco-rosato al rosa-purpureo, e fiori tubulosi
(fertili) ermafroditi; il polline può presentare diverse
colorazioni. Il frutto è un achenioquadrangolare
con presenza od assenza di pigmentazione marrone chiaro
all’apice e fornito di un piccolo pappo.
Tassonomia
In passato vi era molta confusione sulla nomenclatura del
genere e delle varie specie: fino a tempi recenti, infatti,
queste sono state largamente confuse tra loro nelle
caratteristiche e nelle proprietà, a causa anche di
forti somiglianze morfologiche. Solo da poco, attraverso
moderni metodi analitici, si è pervenuti alla loro
differenziazione filogenetica su basi biochimiche.[senza fonte]
Proprietà
officinali
Le informazioni qui riportate hanno solo un fine
illustrativo: non costituiscono e non provengono né da
prescrizione né da consiglio medico. Wikipedia non dà
consigli medici: leggi le avvertenze.
L'uso medicinale di questa pianta si
perde nei tempi: gli Amerindi del
Nord America usavano il rizoma per curare piaghe e affezioni
varie della pelle, ferite da traumi , da morsi dei serpenti,
vaiolo, morbillo, parotite epidermica, artrite e preparazione
di collutori. Per uso esterno, il rizoma delle echinacee ha in
effetti
proprietà cicatrizzanti, antiinfettive e riepitelizzanti.
La farmacopea
moderna ha esteso le conoscenze popolari attribuendo a queste
piante un ruolo in primo piano nel rafforzamento delle difese
immunitarie. Oltre agli usi esterni per scopi medicamentosi o
fitocosmetici, l'echinacea può essere usata anche per la
cura delle affezioni influenzali e del raffreddore. L'Agenzia
europea per i medicinali (EMEA)
ha approvato[1] l'uso di
estratto di fiori di Echinacea purpurea per
la prevenzione a breve termine ed il trattamento del
raffreddore. Secondo le raccomandazioni dell'agenzia:
Non dovrebbe essere
assunto per più di 10 giorni. La somministrazione a
bambini di età inferiore ad 1 anno è
controindicata, a causa di possibili effetti indesiderati su di
un sistema immunitario immaturo. L'uso per bambini tra gli 1 e
i 12 anni di età è sconsigliato, in quanto
l'efficacia non è stata sufficientemente documentata
sebbene nemmeno rischi specifici siano stati documentati. In
assenza di dati sufficienti, è sconsigliato l'uso
durante la gravidanza e l'allattamento.[2]
In fitocosmesi, per le sue proprietà, l'echinacea è
utile come decongestionante e purificante delle pelli, per il
trattamento delle rughe, dell'acne, delle smagliature, delle
screpolature.
Composizione
chimica
I principi attivi si trovano nella radice
e sono: chetoalcheni e chetoalchini con derivati
idrossilati differenziati tra
gli estratti di Echinacea pallida e
di Echinacea angustifoglia, olio essenziale dallo
0.2 al 2%, derivati poliacetilenici, derivati dell'acido
caffeico tra i quali
l'echinacoside (fino all'11 %
mentre la cinarina è
assente), glicoproteine, polisaccaridi (la
radice dell'E. pallida non
contiene alcammidi a
differenza della E. angustifolia.[senza fonte]
Farmacologia
Le Echinacee sono indicate nei casi di:
basse difese immunitarie, prevenzione e trattamento delle
comuni sindromi influenzali, trattamento di altre infiammazioni
del tratto respiratorio, trattamento delle prostatiti e
delle uretriti, in ambito ginecologico trattamento
delle metriti ed annessiti,
forme poliartritiche, trattamento di ulcere, ferite
infette, ustioni, afte e dermatiti.[senza fonte] L'estratto
secco di E. pallida ad una
concentrazione dello 0,01% in vitro è stato in grado di
aumentare del 23% il tasso di fagocitosi deigranulociti umani.
Quest'attività è stata confermata sempre in vitro
tramite il carbon clearance test. Il tasso di eliminazione
delle particelle di carbone era aumentato di 2,2
volte.[senza fonte] Uno studio clinico monocentrico
contro placebo eseguito su
160 soggetti, utilizzando una tintura idroalcolica (1:5), pari
a 900 mg di radice al giorno ha evidenziato un rapido
miglioramento della sintomatologia nella sindrome influenzale.
Ulteriori studi hanno messo in evidenza che in caso di
infezioni batteriche la durata della malattia può
ridursi a 9,8 giorni anziche 13 e nel caso di infezione virale
a 9,1 giorni da 12,9.[senza fonte] Sulla base di studi
in vivo, in vitro e clinici, la Commissione del Ministero della
Sanità tedesco ha inserito la radice di Echinacea
pallida nelle monografie positive con l'indicazione "terapia
di supporto durante le infezioni virali di tipo
influenzale".[senza fonte]
Dosaggio: negli adulti 900 mg/die per un trattamento non
eccedente le 8 settimane.
Controindicazioni: Questi principi attivi
non andrebbero impiegate nelle malattie sistemiche progressive
come tubercolosi, leucosi,collagenosi, sclerosi
multipla, AIDS, infezioni da HIV, patologie
autoimmuni e durante la terapia
immunosoppressiva.
Non è raccomandata la somministrazione in gravidanza
o durante l'allattamento poiché non vi sono disponibili
dati riguardanti gli effettiteratogeni.
Aspetti
economici
Le indiscusse proprietà attribuite
dalla farmacopea moderna rendono questo genere di grande
interesse nel settore farmaceutico ed erboristico. Sono piante
abbastanza rustiche e si prestano alla coltivazione per scopi
industriali. In Italia si adatta abbastanza bene per colture a
ciclo primaverile estivo. La specie di maggior interesse come
pianta medicinale è l'Echinacea purpurea, ma sono
largamente oggetto di commercio e di moltiplicazione anche
l'Echinacea angustifolia e
l'Echinacea pallida.
Le echinacee sono interessanti anche come piante
ornamentali, per la grandezza e la vistosità dei
capolini.
Curiosità
La tradizione popolare attribuisce proprietà
afrodisiache che però non trovano riscontro nella
documentazione scientifica.
Voci correlate
Pianta medicinale
Pianta officinale
Erboristeria
Fitomedicina
Generi di Asteraceae
Questa
pagina è stata modificata per l'ultima volta il 29 apr
2012 alle 20:52.
Tè verde
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Foglie di tè verde in infusione in
un gaiwanscoperchiato
Voce
principale: tè.
Il tè
verde (cinese semplificato:
绿茶;
cinese tradizionale : 綠茶; lǜchá; giapponese: 緑茶; ryokucha)
è un tipo di tè composto
esclusivamente da foglie di Camellia sinensis (o
Thea chinensis) che durante la lavorazione non debbono subire
alcuna ossidazione. Di origini cinesi, per secoli è
stato consumato in varie regioni asiatiche,
dal Giappone alMedio
Oriente. Solo di recente ha trovato la sua diffusione anche
in Occidente, dove per tradizione si consuma per lo più tè
nero. A livello globale è la seconda varietà di
tè più diffusa: dei 2,5 milioni di tonnellate di
tè che si producono a livello mondiale, il 20% è
rappresentato da tè verde (il 78% da tè nero, il
2% da tè Oolong)[1].
Varietà
Nel tempo sono state create molteplici varietà di tè
verde, che differiscono in base alle condizioni di crescita
locali (altitudine, clima, suolo, schermatura dal sole), e alle
modalità di raccolta e di lavorazione.
Tè
verdi cinesi
In Cina si
producono almeno mille varietà di tè, circa il
50% delle quali sono tè verdi (il restante 50% è
costituito soprattutto da tè nero, tè oolong, tè
rosso, tè giallo, tè bianco). Queste varietà
prendono il nome dal loro aspetto, ma anche dal luogo di
origine o da alcune caratteristiche particolari. Qui riportiamo
una lista dei tè verdi più conosciuti, ordinati
per provincia di provenienza, con il nome originale, il nome
inglese di importazione, e la sede di provenienza.
- Provincia di Zhejiang
Hua Ding (Cloud
and mist) è un tè tradizionale fin da quando,
nel II secolo, i monaci buddisti lo coltivavano intorno al
loro tempio sulmonte Tian-tai (terrazza
del cielo). Il lungo inverno ritarda la maturazione fornendo
un tè forte. La leggenda vuole che nell'805 d.C.
Saicho, un monaco giapponese in visita sul Tian-tai, si
innamorò di questo tè ne portò la pianta
in Giappone.
Qing Ding (Green
top) risale al V secolo, viene coltivato sulla montagna di
Tian-mu (occhi del cielo) che fa parte delle biosfere protette
dall'UNESCO.
Chang-xing (Purple
Shoot) è uno dei più antichi tè cinesi
ancora prodotti. Ha vinto premi nazionali nel 1982 e nel 1986.
È coltivato sul monte Guzhou.
Long ding (Dragon Mountain) ha vinto 26 volte
premi regionali e nazionali. Proviene da Kaihua.
Jinghua (Rock
Tea) risale al X secolo. Si coltiva sulla montagna di Jinghua,
che rappresenta la culla del Taoismo.
Xi Hu Longjing (西湖龍井, Dragon
well) il più celebre tè verde cinese, nativo
della zona di Hangzhou, ex capitale cinese. Risale al XII
secolo ma divenne rinomato nel XVII secolo.
Hui Ming origina
presso il tempio omonimo sulla montagna di Ci-mu; vinse
la medaglia d'oro nel 1915 all'Esposizione universale di
San Francisco. Le coltivazioni furono distrutte durante la
Seconda Guerra Mondiale, e ricostruite nel 1979.
Anji (White
Tea) si tratta di un tè verde prodotto da una varietà
rara di tè le cui foglie all'inizio della primavera
sono ancora bianche. Il contenuto di amminoacidi del White tea
è dieci volte più alto rispetto agli altri tè
verdi: per questo è molto costoso (vecchie stime
riportano 200 USD per 30 grammi). La contea di
Anji possiede la più
vasta foresta di bambù al
mondo (60mila ettari e 3000 specie diverse).
Xian-xia (Green Peony) risale al XII secolo, ma
come molti altri tè cinesi, la sua produzione fu
accantonata negli anni per essere ripresa solo recentemente.
Nel 1982 vinse la medaglia d'oro del Ministero del Commercio
cinese.
Yu-hang (Jing Mountain) coltivato sul monte Jing,
presso un tempio che una volta ospitava duemila monaci
buddisti. Risale al X secolo ma la coltivazione fu ripresa nel
1978. Ha vinto numerosi premi.
Pu-tuo (Zen
Tea) risale al IX secolo. vinse la medaglia d'argento nel 1915
all'Esposizione universale di
San Francisco. Nel 1999 è stato autenticato
dall'Environment Protection Bureau. Il monte Putuo nel
distretto di Zhoushan è
uno dei quattro più celebri monti buddisti.
Varietà gunpowder
Gunpowder (珠茶; pinyin:
zhū chá) il tè verde cinese più
conosciuto nel mondo, dal sapore fresco e pungente.
Caratteristica principale di questo tè è la
forma di piccole palline che viene data alle foglie durante la
lavorazione. L'origine di questo nome (in italiano "polvere
da sparo") non è chiara: è stata messa in
relazione con il cinese gāng paò
dè ("preparato
fresco"), con la somiglianza alla vera polvere da sparo,
con il fatto che dalla forma appallottolata il tè
"esplode" in una foglia allungata se messo in
infusione, e con il suo aroma lievemente
fumoso. La sua produzione risale alla Dinastia
Tang(618–907). Il Gunpowder
veniva prodotto nella zona di Shao-xing, ma dal 1990 la sua
produzione si è estesa a tutta la provincia di Zhejiang
e anche ad altre province (Jiangxi, Jiangsu, Anhui, Fujian,
Sichuan). Oggi il Gunpowder è arrotolato a macchina, ma
nelle varietà più pregiate è ancora
arrotolato a mano. Ricordiamo le varietà Pingshui
Gunpowder (平水珠茶), Formosa
Gunpowder, Ceylon Gunpowder (cresce
nello Sri Lanka ad oltre
2000 metri di altezza). Molti tipi di tè possono essere
arrotolati nella forma gunpowder (Chunmee, Tieguanyin, Huang
Guanyin, Dong Ding). Infine il gunpowder, aromatizzato
alla menta, è la bevanda tipica marocchina ed
il cuore dell'ospitalità maghrebina: si utilizza
tanto per le visite informali dei vicini di casa quanto per le
cene di gala. Almeno due tazze devono essere bevute per non
offendere il padrone di casa.
- Provincia di Anhui
Da Fang (Big Square) Prende il nome dal suo creatore, il
monaco buddista Da Fang vissuto nel XIV secolo. È
originario della contea Xi, nota per i suoi pittoreschi
scenari e la sua ricchezza di antichi templi e giardini. Altri
tè della contea Xi sono Mao Feng, Chao Qing, e Green
Peony.
Hou Kui (Monkey
tea) della contea di Tai-ping (patrimonio dell'Unesco dal
1990) alle pendici settentrionali del Monte Huangshan(Monte
Giallo). Medaglia d'oro nel 1915 all'Esposizione universale di
San Francisco, è entrato fra i dieci migliori tè
cinesi nel 1955.
Gua zi Pian (六安瓜片, Sunflower
Seed) della contea di Liu-an. Risale addirittura al VII
secolo. È l'unico tè verde cinese prodotto senza
i gambi delle foglie. La maggiore zona di produzione si trova
sulla montagna Qi-Yun.
Huo Qing (Green Fire) della contea di Jing. Risale
al XVII secolo, ma la produzione fu ripresa nel 1956. È
uno dei migliori tè cinesi.
Mao Feng (黃山毛峰, Fur
Peak), tè pregiato proveniente dal monte Huangshan (la
Montagna Gialla che è patrimonio dell'umanità
dal 1990).
Tun Lu (Green gold) della contea omonima di Tunxi,
è un tè pregiato che risale al VII secolo.
Hyson tè di media qualità prodotto
in varie province.
- Provincia di Jiangsu
Bi Luo Chun (洞庭碧螺春, Spring
Snail), è un tè pregiato, secondo solo al Dragon
Well, originario del monte Dongting presso il lago Tai.
Il nome cinese e inglese vuol dire "foglie verdi e ricce
di primavera". Possiede aroma fruttato
(pesca, susino, arancia). La raccolta inizia
precocemente, agli inizi di Marzo.
Rain Flower prodotto
a Nanchino (dieci volte
capitale della Cina) a partire dal 1958. Ha vinto numerosi
premi.
- Provincia di Jiangxi
Varietà Chun Mee ("a sopracciglio")
Chun Mee (Eyebrow) della contea di Wu-yuan,
introdotto nel 1958 a partire da una formula antica. Ha vinto
numerosi premi. Prende la forma di sopracciglio mediante la
tostatura. Generalmente è poco dolce e abbastanza
acidulo rispetto.
Emerald Green della montagna di Jing-gang (che
possiede una vasta e ben conservata foresta ricca di acqua
sorgiva), ha la caratteristica forma arrotolata ad uncino.
Twinwell della contea di Xiu-shui.
Gou Gu Nao ha vinto numerosi riconoscimenti
nazionali.
Yun Wu (Cloud and Mist).
- Provincia di Fujian
Shi Ting della contea di Nan-an. Ha aspetto argenteo, e
l'infuso è verde chiaro. Ha vinto numerosi premi.
Tianshan (letteralmente La montagna che tocca
il cielo) dal monte omonimo.
- Provincia di Hunan
Yin Jan (君山銀針,
Silver Needle), dell'isola di Junshan (situata nel lago
Dong-Ting, il più grande lago cinese). Tè
pregiato vincitore di premi, caratterizzato dall'aspetto
giallastro delle foglie.
Guzhang mao jian, della contea di Guzhang. Tè
ricco di selenio, che favorisce le difese immunitarie. Ha
vinto numerosi premi.
Silver Peak dalla città di Changsha. Fu
formulato nel 1959 dallo Hunan Tea Research Institute.
Probabilmente è il tè verde dotato delle
maggiori proprietà toniche.
Rocky Bank Tea, della contea di Yuan-ling,
- Provincia Autonoma
del Xizang/Tibet
Produce quasi esclusivamente tè verde. Si tratta di
piante coltivate ad oltre 2000 metri di altezza, nella
prefettura Linzhi, piantagione Yigong. Grazie all'acqua
cristallina dell'Himalaya e alla lavorazione sopraffina, il
Tibet produce tè eccezionali. Le principali varietà:
Mao Feng anche nella varietà jasmine
Green Premium nelle varietà
con Rhodiola (sostanza che migliora la resistenza
fisica), Snow Lotus (pianta che cresce sopra i 4000
metri di altezza), Cordyceps (fungo), Saffron,
e Silverweed.
- Altre province
Varietà Mao Jian (Tippy
green.
Bamboo Leaf Green
E Rui
Meng Ding
Tè
verdi giapponesi
Varietà Gyokuro
Varietà Bancha
Varietà Genmaicha
In Giappone quando si dice "tè"
(お茶; ocha)
si intende "tè verde" (緑茶; ryokucha),
e questo è giustificato dalla sua diffusione. In
Giappone il tè verde fu importato dalla Cina, durante
ladinastia Song, grazie a Myōan Eisai, un prete
buddista che inoltre introdusse la scuolaRinzai del
buddismo Zen.
I tipi di tè sono classificati in
base alla qualità e alle parti delle piante utilizzate,
e in base al tipo di lavorazione. Ci sono grosse variazioni di
prezzo e qualità all'interno di queste categorie. I
migliori tè giapponesi provengono da Uji (prefettura
di Kyoto), Shizuoka e Yame(prefettura
di Fukuoka).
- 玉露
Gyokuro (Jade
Dew)
-
il nome è
dovuto al colore verde pallido dell'infusione. A differenza
del Sencha (煎茶),
la pianta di tè viene fatta crescere in penombra
(coprendo la piantagione con pannelli di canna di bambù
o paglia di riso) per circa 20 giorni prima della raccolta
delle foglie.[2] Ha un elevato
contenuto in caffeina (0.16% in infusione) [1], ma il
significativo contenuto diL-Teanina interferisce
con l'assimilazione della caffeina e ne attenua gli effetti. I
tipi principali sono:
- 抹茶
Matcha (rubbed
tea)
-
le foglie vengono cotte al vapore,
asciugate e ridotte in polvere finissima. È usato
nellacerimonia del tè. È anche un aroma per i
gelati e altri dolciumi in Giappone. Anche Matcha cresce
all'ombra, come Gyokuro. I migliori tipi sono Uji Midori
e Ajirogi. Ce ne sono due tipi:
- 煎茶
Sencha (broiled
tea)
-
Le foglie sono esposte direttamente alla luce del sole; è
utilizzato in Giappone per il consumo giornaliero, essendo il
più diffuso tè verde giapponese.
Netto Sencha è il più costoso
冠茶
Kabusecha (tè
coperto) è un tè di penombra (come il Gyokuro)
ma tagliato come il Sencha; ha un gusto più morbido e
un colore più delicato rispetto al Sencha tradizionale.
Shincha (new tea) rappresenta il primo raccolto
dell'anno di Sencha (che normalmente avviene in Aprile)
玉緑茶
Tamaryokucha anche
detto Guricha entrambi i
nomi significano "tè riccioluto", per la
forma delle foglie; dà un infuso verde brillante con un
sottilissimo aroma di noci; proviene da Kyushu.
Fukuyu cresce
alle falde del monte Fuji, ricco in vitamina C
- 番茶
Bancha (common
tea)
-
è un tè naturalmente a basso contenuto di
caffeina, e si trova nelle varianti
焙じ茶
Hōjicha (pan
fried tea): costituito dalle foglie più grosse
dell'arbusto lievemente tostate (va lasciato in infusione per
4-5 minuti)
茎茶
Kukicha (stalk
tea): costituito da rametti di tè leggermente tostati
(va bollito per 10 minuti)
- 玄米茶
Genmaicha (Brown-Rice
tea)
-
derivato dal Bancha o dal Sencha, misto a riso o grano
soffiato; alcuni produttori aggiungono anche un pizzico di
Matcha. È povero in caffeina e ha un aroma lievemente
di orzo tostato; ottimo abbinato al cioccolato.
-
Tè Sanpin di Okinawa
Tè verdi indiani
Tè verde di Ceylon
- Ceylon
Le varietà riflettono la nomenclatura
tradizionale cinese: i principali sono il Gunpowder e
ilChun Mee. Piantagioni importanti sono quelle di Idulgashena,
a 1200 metri di altitudine, che producono un tè high
grown di qualità.
- Kashmir
Altri tè
verdi
Tè verde vietnamita
- Vietnam
- Brasile
-
Indonesia
Dalla piantagione
alla tavola
Coltivazione
e raccolto
Piantagioni di tè verde in Corea
La Camellia sinensis può
essere coltivata del tutto al sole (per
ottenere Sencha, Hojicha) oppure più frequentemente è
schermata dal sole nelle 2-3 settimane precedenti il primo
raccolto (come avviene per la maggior parte dei tè
verdi, tra cui Gyokuro e tutti i tè cosiddetti "di
penombra"). Normalmente allo scopo si costruiscono delle
strutture di bambù ricoperte
di paglia o cannucce
dette kabusè. Questa schermatura rallenta la
maturazione e la produzione di clorofilla, incrementando il
contenuto di flavonoidi, amminoacidi, zuccheri, vitamina C ed
altre sostanze nutritive, e rendendo il gusto più dolce
e il colore più delicato. Un secondo indice di qualità
del tè è la crescita ad altitudini abbastanza
elevate (a partire dagli 800-1000 metri): i tè
cosiddetti high grownmaturano più lentamente e sono
ricchi di polifenoli. Il primo raccolto si fa a fine Aprile,
inizio Maggio: si chiama "Ichiban-cha" o "Shincha"
e fornisce il tè della qualità più alta
(quindi il più costoso). Il secondo raccolto si fa
invece tra giugno e luglio, ed il terzo raccolto tra luglio ed
agosto. Talora si fa anche un quarto raccolto.
Lavorazione
Il tè verde non è
fermentato, per cui le foglie conservano il loro colore verde.
Le foglie si dispongono su superfici di bambù e
si espongono al sole per qualche ora. Poi vengono passate al
vapore (100 °C) per almeno 30 secondi, in modo da
inattivare alcuni enzimi. Seguono diverse fasi di asciugatura
(in genere 4, da circa 20-40 minuti ognuna) che fanno evaporare
una grossa percentuale di acqua contenuta nelle foglie.
L'asciugatura rende le foglie mollicce ed è intercalata
da fasi di ripiegamento o arrotolamento (a questo punto possono
essere piegate in forme particolari, come nella
varietà gunpowder). Quando le foglie sono ben
essiccate sono pronte per essere raffinate (viene eliminata la
polvere e i detriti) ed eventualmente tostate (come per
Hojicha), quindi vengono inviate all'impacchettamento.
Preparazione
dell'infuso
Anche se ogni varietà di tè verde ha i suoi
parametri ottimali di temperatura, quantità, tempo
di infusione, è possibile utilizzare delle regole
generali che permettano di preparare un'ottima bevanda.
Normalmente si porta dell'acqua a temperatura
di ebollizione, quindi si fa raffreddare per circa 30-60
secondi, facendole raggiungere la temperatura ottimale di 70
°C (comunque compresa tra 60° e 80°). Non bisogna
mai utilizzare l'acqua bollente (100 °C), in quanto
l'alta temperatura "cuoce" le foglie e distrugge gli
aromi e i componenti del tè, risultandone un gusto
abbastanza amaro; per lo stesso motivo, se si utilizza
un gaiwan, questo non dovrebbe essere chiuso con il suo
coperchio, ma l'infusione andrebbe lasciata libera di
evaporare e quindi di raffreddarsi.
L'acqua calda si versa nel recipiente in cui sono state
deposte le foglie di tè: è preferibile non
versare direttamente l'acqua sulle foglie, ma far colpire
all'acqua la parete della tazza o del gaiwan (sempre per non
bruciarle).
Le dosi tipiche di foglie da utilizzare corrispondono a
circa 2-2,5 grammi per tazza da 200ml, ovvero circa un
cucchiaino pieno.
La durata dell'infusione varia in base al tipo di tè.
Normalmente non si superano i 2-3 minuti (è il tè
che richiede il tempo di infusione più breve); se
l'infusione è troppo lunga, ne risulta un sapore troppo
amaro.
Si rimuovono le foglie con un filtro e la bevanda è
pronta.
Alcuni tipi di tè verde possono
essere aromatizzati durante l'infusione con semi di anice o
anice stellato, radice di liquirizia, scorza dilimone,
menta, cannella o cardamomo.
Soprattutto se il tè è di qualità
superiore, come il Gyokuro, è pratica comune
riutilizzare le foglie anche 2-3 volte, ma per infusioni più
brevi. Per ridurre ulteriormente la quantità di caffeina
presente nel tè, è possibile versare una piccola
quantità di acqua calda sulle foglie, attendere 20
secondi, gettare l'acqua di infusione, quindi versare nuova
acqua calda e ripetere l'infusione per 2-3 minuti.
Altri
utilizzi
Gelato al tè verde
Estratti di tè verde (in particolare la varietà
Matcha) sono variamente usati per preparare una enorme varietà
di derivati, in particolare dolciumi e bevande: torte,
biscotti, tiramisù, cioccolatini, gelati industriali ed
artigianali, creme-caramel, muffin, frappè, granite.
Composizione
chimica
La composizione chimica del tè
verde ad uso alimentare, fatta eccezione per poche reazioni
enzimatiche che si verificano subito dopo la raccolta,
rappresenta in pratica la composizione delle foglie fresche,
dato che la procedura di lavorazione prevede la
sola essiccazione ad alte
temperature, e non la fermentazione.
Una tazza di tè verde (200
mL di Gunpowder, Hangzhou) contiene circa 142 mg di EGCG, 65 mg
di EGC, 28 mg di ECG, 17 mg di EC, e 76 mg di caffeina[3].
- Polifenoli (circa
il 30% del peso secco)
epigallocatechina-3-gallato (EGCG):
polifenolo, il più caratteristico componente del tè
verde, dovuto alla non-fermentazione del tè verde. Il
tè verde ha un contenuto di EGCG 10 volte superiore
al tè nero e 2,5
volte superiore al tè Oolong. L'EGCG è il
principale responsabile delle proprietà del tè
verde, ed agisce mediante vari meccanismi tra cui la riduzione
dei livelli di TNF-alfa, una citochina proinfiammatoria.
epigallocatechina (EGC)
epicatechina-3-gallato (ECG)
epicatechina (EC)
gallocatechina
catechina
Flavandioli
Flavonoidi
Acidi fenolici (tra
cui l'acido gallico ed il suo
estere Teogallina)
tannini con
questo termine si indica in maniera inesatta i polifenoli
antiossidanti responsabili dell'aroma e del gusto amarognolo.
Sarebbe più opportuno chiamarli "polifenoli del
tè" oppure "flavonoidi del tè",
dato che sono molto diversi dai tannini commerciali e
dall'acido tannico.
- Vitamine
vitamina C
vitamine del gruppo B
vitamina K
- Metilxantine (alcaloidi a
nucleo purinico)
caffeina: 30-50 mg per tazza da 225
grammi[4]. Si tratta di un tasso relativamente basso, se
confrontato con il tè nero (40-80 mg) e molto inferiore
al caffè espresso (tenendo conto dell'inevitabile
approssimazione di queste misurazioni). Inoltre gli effetti
eccitanti della caffeina sono attenuati dalla presenza
della L-teanina, che ne riduce l'assorbimento.
teofillina
teobromina
- Aminoacidi
-
Minerali[1]
L'olio essenziale di
tè verde contiene più di 300 composti tra
cui aldeidi, alcoli, e fenoli.
Nella lavorazione del tè
nero, invece, la maggior parte di questi composti monomerici va
incontro ad una polimerizzazione detta "ossidazione"
(con formazione di bisflavanoli, tearubigine e teaflavine dal
caratteristico anello benzotropolonico che
conferisce al tè nero il colore ed il sapore
caratteristici). Il tè Oolong è parzialmente
ossidato (possiede catechine, teaflavine e tearubigine
monomeriche).
L'ossidazione
è resa possibile dalla presenza di
un enzima caratteristico,
una polifenolo ossidasi che
catalizza l'ossidazione aerobicadelle catechine nel
momento in cui la struttura cellulare è danneggiata,
durante la lavorazione dei tè nero ed Oolong[1].
Effetti del tè verde sulla salute
Le informazioni qui riportate hanno solo un fine
illustrativo: non costituiscono e non provengono né da
prescrizione né da consiglio medico. Wikipedia non dà
consigli medici: leggi le avvertenze.
Fin dai primordi del suo
consumo, al tè verde sono stati attribuiti effetti
positivi sulla salute. Ma solo negli ultimi anni l'entità
reale di questi benefici è stata studiata in maniera
scientifica: ci sono evidenze secondo cui i bevitori regolari
di tè verde mostrano minore incidenza di malattie
cardiache e tumori[7].
Storia
Il tè verde è stato
utilizzato nella medicina tradizionale
in India, Cina, Giappone e Thailandia,
con vari obiettivi: dal controllo delle emorragie, della
temperatura corporea, della glicemia, al miglioramento della
guarigione delle ferite e della digestione.
Nel Kissa Yojoki (Libro
del tè), il prete zen Eisai,
descrisse nel 1191 gli
effetti benefici del tè verde sui cinque organi vitali,
in particolare il cuore. Il libro elenca le qualità
medicinali del tè: allevia gli effetti dell'alcol,
agisce come stimolante, cura la pustolosi, attenua la sete,
allontana le indigestioni, cura il beriberi, previene
la stanchezza, migliora la funzione urinaria e cerebrale.
Posizione della Food and Drug
Administration statunitense
L'articolo Tea:
A Story of Serendipity[8] apparso
nel numero di Marzo 1996 della rivista FDA Consumer
Magazine pose la questione dei
potenziali benefici del tè verde, senza averli ancora
studiati in maniera scientifica.
Il 30 giugno 2005, in risposta a
"Green Tea and Reduced Risk of Cancer Health Claim",
la FDA concluse che "non esiste alcuna prova credibile che
dimostri il rischio ridotto di cancro gastrico, polmonare,
colorettale, esofageo, pancreatico, ovarico, e misto".
Tuttavia la FDA concluse che esiste una piccola prova di
beneficio sul cancro mammario e sul cancro prostatico da parte
del tè verde. [9]
Risultati
scientifici
I
benefici del tè verde corrispondono in massima parte ai
benefici delle catechine che contiene, ovvero in particolare
l'EGCG. La principale attività dell'EGCG è quella
di potenziare le difese antiossidanti (catalasi, superossido
dismutasi e glutatione
perossidasi) e quindi diminuire il danno cellulare[10]. Questo
produce effetti salutari su tutti i tessuti.
I meccanismi alla base dell'attività anticancro del
tè verde sono le proprietà antiossidanti,
l'induzione di enzimi della fase II, l'inibizione
dell'espressione e del rilascio di TNF-α,
l'inibizione della proliferazione (arresto del ciclo
cellulare), l'induzione dell'apoptosi, l'inibizione
della telomerasi.
Polmone: per quanto riguarda l'oncogenesi, gli studi
epidemiologici non mostrano risultati soddisfacenti; diversa è
la situazione del ratto da esperimento, in cui il tè
verde ha dimostrato una forte attività preventiva[11].
D'altra parte, è stato invece dimostrato che l'EGCG
inibisce la migrazione delle cellule tumorali bronchiali,
riducendo la probabilità di metastasi[12].
Colon-retto: una preparazione standard di
polifenoli di tè verde (Polyphenon E) limitava la
crescita di tumori colorettali in ratti trattati con una
sostanza cancerogena[13]. Una larga metanalisi del
2006 ha concluso che nell'uomo non ci sono dati epidemiologici
sufficienti per attestare la riduzione del rischio di cancro
colorettale nei bevitori di tè verde (né di tè
nero)[14]. Tuttavia, in uno studio prospettico più
recente, sono state seguite per 6 anni quasi 70mila donne
cinesi di età compresa tra i 40 e i 70 anni. Le donne
che bevevano regolarmente tè verde avevano all'inizio
dello studio un rischio inferiore del 37% di sviluppare un
cancro colorettale rispetto alle donne che lo bevevano di
rado. Continuando a bere tè verde, al termine dello
studio questo divario era salito al 57%, ovvero il rischio si
riduceva della metà[15].
Mammella: i dati epidemiologici hanno
mostrato che il tè verde può ridurre il rischio
di cancro mammario[16] (lo
stesso studio suggerisce anche un possibile effetto promotore
del tè nero sul cancro mammario). È stato
dimostrato che il tè verde inibisce la crescita
cancerosa tramite un effetto anti-proliferativo diretto sulle
cellule tumorali, e incrementa l'effetto inibitorio
del tamoxifenesul recettore degli estrogeni, aumentando
l'effetto apoptotico[17].
Ovaio: è stato dimostrato che il tè
verde riduce significativamente il rischio di sviluppare un
cancro ovarico[18] e che
migliora e prolunga la sopravvivenza in donne con questo tipo
di malattia, poiché blocca la crescita delle cellule
cancerose e ne induce l'apoptosi[19].
Prostata: il tè
verde riduce il rischio di cancro prostatico; questo spiega in
parte come l'incidenza di cancro alla prostata sia molto
inferiore negli Asiatici che negli Occidentali[20].
Tumori
neuroectodermici primitivi (PNET) compreso il medulloblastoma:
sono i più comuni tumori maligni dell'infanzia.
Un'importante fase della carcinogenesi è rappresentata
dalla stabilizzazione della lunghezza dei telomeri tramite
l'azione della telomerasi. Essendo l'EGCG un inibitore della
telomerasi, potrebbe avere un ruolo nella prevenzione di
questo tipo di tumori[21].
Una larga metanalisi pubblicata dall'Università di
Yale del 2006 ha puntato l'attenzione su quello che viene
chiamato "paradosso asiatico": in Asia esiste una
minore incidenza di malattie cardiovascolari e cancro,
nonostante un consumo elevato di sigarette. Probabilmente le
importanti quantità di tè verde consumate dagli
asiatici hanno un ruolo protettivo.
riduzione della
mortalità. Uno studio condotto dall'Università
di Ohsaki ha seguito per 11 anni 40.530 adulti tra i 40 e i 79
anni, e ha dimostrato che chi consumava almeno 5 tazze di tè
verde al giorno aveva un rischio di mortalità globale
minore del 16% e di mortalità dovuta a malattie
cardiovascolari minore del 26% rispetto a chi consumava meno
di una tazza al giorno.[22].
riduzione
dell'ipertrofia ventricolare sinistra
da ipertensione renovascolare.
L'EGCG può attenuare (nel ratto da esperimento) lo
sviluppo di ipertrofia del ventricolo
sinistro indotta da
ipertensione di origine renale[23].
riduzione
della pressione arteriosa. Uno studio tutto italiano ha
dimostrato come gli estratti di tè verde prevengano
l'ipertensione e il danno d'organo derivati da alti livelli
di angiotensina II, probabilmente tramite l'azione di
scavenging sui radicali liberi e regolarizzando la funzione
endoteliale[24].
attività
antitrombotica. Il tè verde ha azione antiaggregante:
inibisce la formazione di trombi prevenendo l'aggregazione
piastrinica[25].
miglioramento del
profilo lipidico ematico e rallenta lo sviluppo
dell'aterosclerosi. Il tè verde previene l'ossidazione
delle LDL e riduce la formazione di placche
aterosclerotiche[26].
In
un grosso studio di popolazione del 2006, il tè verde
(almeno una tazza al giorno per sei mesi), nelle donne,
riduceva del 27% il rischio di calcoli biliari, del 44% il
rischio di cancro della colecisti e
del 35% il rischio di cancro delle vie biliari. Negli
uomini questo rischio era ridotto ma non in maniera così
netta, probabilmente per il maggior consumo di sigarette[27].
La somministrazione quotidiana di un estratto di tè
verde, provocava in 2 settimane una diminuzione significativa
del grasso corporeo[28]. Risultati simili sono stati pubblicati
in studi condotti da un gruppo di ricerca di Tokyo[29][30]. Il
tè verde ha proprietà termogeniche e promuove
l'ossidazione dei grassi in maniera superiore a quella
provocata dal suo contenuto in caffeina di per sé, tali
effetti infatti sarebbero dovuti alle catechine che stimolano
il metabolismo ad accelerarsi ed eliminando gli adipociti in
eccesso, tuttavia sotto questo aspetto è meglio
consumarlo con discrezione perché attacca gli adipociti
provocando una significativa riduzione di peso, e può
influire sul funzionamento tiroideo, nove persone su dieci che
consumano tè verde infatti sono gravemente sottopeso pur
mangiando moltissimo.[31]. Questo, insieme all'inibizione della
lipasi pancreatica (l'enzima pancreatico che digerisce i
grassi) e al conseguente rallentamento con cui questi grassi
vengono assorbiti per via linfatica dopo il pasto, rende conto
dell'effetto ipotrigliceridemizzante (riduce i livelli di
trigliceridi ematici circolanti).[32]. Inoltre il tè
verde favorisce l'ossidazione dei grassi rispetto a quella
degli zuccheri durante l'esercizio fisico moderato, e può
migliorare la sensibilità all'insulina e la tolleranza
al glucosio nel giovane adulto sano [33].
Il tè verde ha globalmente un potente effetto
neuroprotettivo.
Potrebbe avere un ruolo nella prevenzione e
nel trattamento di malattie
neurodegenerative: Parkinson[34] e Alzheimer[35][36].
L'epigallocatechina (EGCG) sopprime fortemente l'insorgenza
e/o il danno neuronale da encefalite sperimentale
autoimmune(modello animale della sclerosi multipla)
indotta dalla proteina 139-151[37][38].
Un consumo
maggiore di tè verde è associato ad una minore
prevalenza di disturbi cognitivi nell'uomo[39].
È
possibile che la L-teanina (amminoacido
contenuto nel tè verde) possa avere un effetto
anti-stress, inibendo l'eccitazione deineuroni corticali[6].
I polifenoli del
tè verde combattono i deficit cerebrali cognitivi
dovuti alla sindrome da apnee ostruttive notturne (OSAS),
caratterizzata da ipossia intermittente (le apnee notturne
riducono l'apporto di ossigeno necessario al cervello durante
il sonno)[40].
I polifenoli del tè verde possono
prevenire l'artrite reumatoide[41] nei
ratti, oppure ne diminuiscono la severità dei sintomi, e
riducono i sintomi in un modello murino di sindrome
di Sjögren [42].
Il tè
verde ha un potenziale applicativo nella prevenzione e nel
trattamento di malattie infiammatorie, in quanto inibisce
(oltre alla DOPA decarbossilasi) la istidina
decarbossilasi, l'enzima che produce istamina[43].
Il tè verde
potrebbe rappresentare un importante approccio farmacologico
contro le malattie autoimmuni nell'uomo: oltre i noti effetti
antinfiammatori ed antiapoptotici, in vitro ha dimostrato di
inibire la trascrizione e la traduzione di diversi
autoantigeni (SSB/La, SSA/Ro, DNA topoisomerasi I e
altri)[44].
Un estratto di tè
verde filtrato in acqua calda, applicato sulla cute per dieci
minuti, tre volte al giorno, migliorerebbe entro 22 giorni il
danno cutaneo da terapia radiante[45].
L'EGCG
protegge le cellule epiteliali del cristallino umano
dall'apoptosi mediata
dai mitocondri, attraverso la modulazione delle caspasi,
della famiglia Bcl-2, delle vie MAPK e Akt.
Questo rende utile il tè verde per la prevenzione
della cataratta[46].
È
stato dimostrato che l'EGCG, legando con alta affinità
il recettore CD4 dei linfociti
T helper sul sito dedicato alla
gp120 virale (il dominio D1), inibisce il legame e l'ingresso
del virus HIV nella cellula stessa. Sono sufficienti
concentrazioni fisiologicamente rilevanti di EGCG (0.2
micromol/L). Questo significa che l'EGCG ha un potenziale di
applicazione nella terapia contro l'infezione da HIV-1
(AIDS)[47].
Il tè
verde potrebbe migliorare il quadro clinico nell'intossicazione
da arsenico, comune nelle regioni del Bengala
Occidentale (India), in cui si
verifica iperproduzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS)
che producono danni permanenti al DNA. È stato
dimostrato che, in vitro, i polifenoli del tè riducevano
significativamente i danni del DNA indotti da arsenico
in linfociti umani [48].
Cautela
Evidenze farmacologiche e tossicologiche mostrano che i
polifenoli del tè verde possano causare stress
ossidativo e tossicità epatica a determinate
concentrazioni[49][50]. Questo impone cautela nel consumo di
estratti di tè concentrati. In particolare si
raccomanda cautela nel consumo di tè verde
in gravidanza.
Il tè verde interagisce in maniera
sfavorevole con un farmaco utilizzato nella terapia
del mieloma multiplo, il bortezomib(Velcade, anticorpo
monoclonale)[51]. Le molecole di EGCG contenute
nel tè verde si legano alle molecole di bortezomib,
impedendo a queste di legarsi alle cellule tumorali e di
danneggiarle.[52].
Voci correlate
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Aloe (medicinale)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
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prescrizione né da consiglio medico. Wikipedia non dà
consigli medici: leggi le avvertenze.
Secondo le indicazioni del Ministero
della Salute e la farmacopea ufficiale F.U.
IX l'aloe si usa come purgante.
Entra anche nella preparazione del fernet e
di altri prodotti alimentari, di cosmetici (in forma di
Aloe-vera-Gel) ed è molto usata in veterinaria.
L'uso è controindicato negli stati
di gravidanza (abortivo), durante l'allattamento e in ilei di
ogni genere.
Uso popolare e come fitoterapico
Nella tradizionale medicina
popolare l'aloe barbadensis e
l'aloe capensis vennero usati come lassativo /
purgante per costipazioni acute.
Si usava il succo inspessito delle foglia (aloina) o la polvere
essiccata che è ancora officinale secondo F.U. IX.
Come polvere e come
unguento, l'aloe si usa ancora nelle ferite e negli eczemi,
visto che è stata riscontrata una sua
funzioneantisettica.[1]
Negli anni 80 del secolo ventesimo
l'industria cosmetica ha
scoperto l'utilità dell'uso del succo fresco delle
foglia, che dispone di proprietà rinfrescanti e
blandamente idratanti, antiinfiammatori e battericidi,
se applicato sulla pelle. È quindi usato come
ingrediente a buon mercato di tanti prodotti cosmetici (sapone,
emulsioni per il viso eccetera).
Nei primi anni del ventunesimo secolo è
diventato un principio attivo di moda negli ambienti
del fitness e del wellness,
classico esempio di una medicina spinta dal
marketing[senza fonte]: viene aggiunto a vari prodotti (in
forma di "Aloe-vera-Gel"), dalla carta
igienica aidetersivi fino
allo yogurt come
"toccasana" contro tutti i danni e i malanni della
civiltà.
Questo è almeno obsoleto per
quanto riguarda la somministrazione orale, perché la
cuticola della foglia e le spine contengono
degliantrachinoni (sostanza di
quasi tutti vegetali lassativi), praticamente assenti nel gel
interno, che a lungo ledono irreversibilmente i ganglineuronali
che controllano la motilità intestinale e
li rende "pigri". Anche piccole dosi (a ca. 50 mg
appare l'effetto) a lungo sono lesive.[senza fonte]
La commissione E del Ministero tedesco per la Salute scrive:
Indicazioni: Stati patologici che
richiedono una evacuazione con feci molli ad es.:
Controindicazioni: gravidanza
(abortivo), allattamento, ilei di
qualsiasi origine.
Effetti collaterali: in
caso di abuso o uso cronico: perdita di elettroliti,
prevalentemente di potassio.
Interazioni: nessuna
nota. In caso di abuso o uso cronico: potenziamento
dell'effetto di glucosidi cardioattivi.
Posologia: Dose media giornaliera 0.05 - 0.2 g di
polvere o estratto secco (tuttavia non è stata
dimostrata scientificamente la dose corretta). Dose letale: 1 g
per diversi giorni susseguenti!.
Si usano preparati commerciali secondo F.U. IX con una
garantita concentrazione perché siano dosabili in modo
razionale.
Panax
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Ginseng
Foglie
e frutti di Panax quinquefolius
Classificazione scientifica
DominioEukaryotaPlantae
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseAsteridae
OrdineApialesFamiglia
RegnoSottofamigliaAralioidae
GenerePanax
L.Specie
Subgenus Panax
- Sezione Panax
-
- Serie Notoginseng
Panax notoginseng
- - Serie Panax
Panax bipinnatifidus Panax
ginseng - Ginseng cinese Panax
japonicus - Ginseng
giapponese Panax quinquefolius -
Ginseng americano Panax vietnamensis Panax
wangianus Panax zingiberensis
- Sezione Pseudoginseng
Panax pseudoginseng Panax stipuleanatus
Subgenus Trifolius
Panax trifolius
Panax L. è
un genere di 11 specie
di piante perenni a
crescita lenta con le radici carnose,
appartenente alla famiglia Araliaceae,
comunemente note come ginseng.
Etimologia
Il termine Panax è
latino (panax, panacis) ed è derivato dal greco παν
ἀκέια, pan (tutto) akèia
(cura, rimedio), termine dal quale viene anche la
parola latina e
italiana panacea, panaceae, cioè rimedio a tutti i
mali. Il termine ginseng viene
dal cinese 人蔘/人参,
(pinyin: rénshēn), ossia pianta dell'uomo.
Allo stato selvatico le piante crescono a gruppi, propagandosi
dai semi caduti dalla pianta madre.
Quando cresce naturalmente il seme del ginseng germoglia
all’inizio della primavera, dopo essere rimasto sotto
terra da 18 a 21 mesi, un tempo di germinazione incredibilmente
lungo.
Ma anche I tempi di crescita non sono brevi. Il primo anno
di germoglio rimane a soli 5 centimetri da terra e porta
solamente tre piccole foglie ovali e dentellate.In autunno lo
stelo e le foglie cadono, lasciando una sorta di cicatrice sul
rizoma della pianta.
Il rizoma e’una specie di fusto sotterraneo , che nel
ginseng si definisce “Collo”.Contando il numero di
cicatrici sul collo della radice si puo’ risalire
all’eta’ della pianta .
Al terzo anno di crescita la pianta raggiunge solo circa 20
cm e porta tre gruppi di foglie , ciascuno formato da cinque
foglie ( quinquefolium)
Al quarto anno raggiunge i 40 cm con cinque gruppi di
foglie.
La radice del ginseng ,carnosa e fusiforme , di colore
giallo paglierino, con un caratteristico sapore amarognolo, e’
caratterizzata dall’avere varie forme: drago ,bambino e
uomo, questa e’ considerate la piu’ pregiata.
La radice del panax ginseng e’ commestibile come le
carote o i ravanelli..
Esistono al mondo alcune varieta’ di Ginseng ,
classificate in una tabella dal Professor Hara.
In linea generale la specie piu’ preziosa e’ il
“ Panax Ginseng C.A. Meyer (jen-Sheng), proveniente dalla
Cina.
Se ne conoscono alter specie come il Panax Ginseng Coreano o
come il Panax pseudoginseng ( a sette foglie) ritrovabile in
Nepal, nell’Himalaia ed in Giappone.
Altre specie esistenti sono il Panax bipinnafitidum in
Thailandia ed in Bimania ed il Panax Americano quinquefolium in
America.
Distribuzione
e habitat
Si sviluppa nell'emisfero settentrionale
in Asia orientale (principalmente Corea, Cina del
Nord e Siberia orientale)
ed in Nord America, tipicamente nei climi più
freddi. La specievietnamita del
Panax è quello più comunemente utilizzato. Il
ginseng è caratterizzato dalla presenza dei ginsenosidi.
La specie siberiana (Eleuterococcus senticosus) possiede una
radice ramificata invece che carnosa e, anziché
contenere ginsenosidi, contieneeleutherosidi. I principi
attivi del Ginseng risultano essere saponosidi triterpenici (i
ginsenoidi) il panaxiatrolo (un triestere) e tracce di olio
essenziale.
Usi e
caratteristiche
Il suo impiego risale a migliaia di anni fa e la sua
efficacia è attestata da numerosi studi
scientifici[senza fonte], sebbene ci siano alcune ricerche
di segno opposto. Numerose sono, comunque, le sue virtù:
dall'incremento della resistenza fisica e delle capacità
di recupero (ad esempio in seguito ad attività sportiva)
al miglioramento della circolazione, passando per un
potenziamento della memoria e della resistenza ai fattori
ambientali negativi. Nel complesso riduce stress e nevrosi,
migliora l'adattamento agli stimoli della vita quotidiana,
potenzia il rendimento fisico e mentale, rafforza le difese
immunitarie e abbassa i rischi di contrarre diverse malattie.
Proprietà
Uno studio del 2002 effettuato dalla
Southern Illinois University School of Medicine (pubblicato
negli annali della New York Academy of Sciences) ha scoperto
che negli animali da laboratorio, entrambe le forme (asiatica e
americana) del ginseng migliorano la libido e
le prestazioni sessuali. Questi effetti possono non essere
dovuti a cambiamenti nella secrezione ormonale, ma ad una
azione diretta da parte dei componenti del ginseng sul sistema
nervoso centrale e sui tessuti gonadici[1][2]. Negli uomini, il
ginseng può facilitare l'erezione del pene.[3]. Il
ginseng è conosciuto per
contenere fitoestrogeni[4][5][6] In
alcuni studi, il ginseng è stato dimostrato avere
effetti stimolanti sull'ipofisi per
aumentare la secrezione delle gonadotropine. Un altro
studio ha trovato che nei topi giovani,
accelera lo sviluppo degli organi riproduttivi, mentre in topi
adulti di sesso maschile, stimola la produzione di sperma,
e allunga il periodo di estro in
topi di sesso femminile.[7]
Effetti
collaterali
Secondo una frequente domanda sulla
nutrizione sportiva, pubblicata da UMass Amherst, uno degli
effetti indesiderati più comuni di questa pianta è
l'insonnia[8] Tuttavia, altre
fonti affermano che il ginseng non causi disturbi del sonno[9].
Altri effetti possono includerenausea, diarrea, mal
di testa, sangue dal naso,[10] ipertensione, ipotensione,
e dolore acuto al seno[11]. Il ginseng può anche
portare amanie in pazienti
depressi, che lo assumono insieme ad antidepressivi[12].
Applicazioni
Il ginseng è una
pianta nootropa o adattogena,
che fornisce quindi, ad effetto delle stimolazioni del sistema
nervoso, un atteggiamento comportamentale maggiormente
orientato alla reattività ed alla attività, con
conseguente sensazione di soggettivo benessere. Tale condizione
di attività e di benessere produrrebbe secondariamente
una incentivazione delle attività organiche coinvolgenti
il sistema circolatorio, muscolare, e quindi anche poi
immunitario e, di completo riflesso, lo stesso sistema nervoso.
È da considerare, soprattutto nella medicina
tradizionale cinese, la forte connotazione simbolica che assume
in genere il farmaco, spesso a funzione di placebo, nei
confronti del benessere del paziente considerato
individualmente. (In sintesi: è importante che "quel"
paziente abbia una sensazione di aumentato benessere
indipendentemente da attività farmacologiche). In tale
interpretazione, il ginseng assume un'importanza esagerata per
fattori che sono poco legati alla reale portata farmacologica,
come è comunemente scientificamente intesa.
A semplice esempio, la pianta del ginseng è coltivata
per produrre radici di "forma umana", o degli organi,
cioè con ramificazioni che suggeriscono la forma degli
arti, della testa, degli attributi sessuali dei due sessi,
ecc.; gli agricoltori che riescono a riprodurre in maniera
migliore tali forme riescono a spuntare alla vendita prezzi di
tutto rispetto. Tali forme sarebbero in grado infatti di far
svolgere alla radice attività curativa per le parti
"rappresentate", secondo le intenzioni del paziente.
Se tale attività è considerabile come "medica"
(nel senso di migliorare la sensazione positiva percepita dal
paziente) non lo è però dal punto di vista
effettivamente farmacologico, come è normalmente inteso.
Miele
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Le informazioni qui riportate hanno solo un fine
illustrativo: non costituiscono e non provengono né da
prescrizione né da consiglio medico. Wikipedia non dà
consigli medici: leggi le avvertenze.
Miele e pane
Il miele è
un alimento prodotto
dalle api (e, in misura
minore, dalle vespe). Viene prodotto a partire dal nettare e
dalla melata. La melata è
prodotta da vari Omotteri, fitomizi, i cui escrementi
zuccherini sono la base alimentare per numerosi insetti.
Storia
La parola miele sembra derivare
dall'ittita melit. Per millenni
ha rappresentato l'unico alimento zuccherino concentrato
disponibile. Le prime tracce di arnie costruite
dall'uomo risalgono alVI millennio a.C. circa.
Anche
nell'antico Egitto il miele era
apprezzato, e le prime notizie di apicoltori che si spostavano
lungo il Nilo per seguire con le proprie arnie la fioritura
delle piante risalgono a 4000 anni fa. Gli Egizi usavano deporre
accanto alle mummie grandi coppe colme di miele, che il defunto
avrebbe consumato durante il viaggio nell’aldilà
(vasi di miele ermeticamente chiusi il cui contenuto si era
perfettamente conservato sono stati rinvenuti durante gli scavi
delle tombe dei faraoni). In alcuni geroglifici si
leggono ricette a base di miele impiegate sia nell’arte
culinaria che in medicina (cura dei disturbi digestivi, unguenti
per piaghe e ferite). [1]
I sumeri lo
impiegavano in creme con argilla, acqua e olio di cedro, mentre
i babilonesi lo impiegavano
per cucinare: erano diffuse infatti le focaccine fatte con
farina, sesamo, datteri e miele. Nel Codice di Hammurabi si
ritrovano articoli con cui gli apicoltori erano tutelati dal
furto di miele dalle arnie.
La medicina ayurvedica, già
tremila anni fa, considerava il miele purificante, afrodisiaco,
dissetante, vermifugo, antitossico, regolatore,
refrigerante, stomachico e cicatrizzante.
Per ogni specifico caso era indicato un differente tipo di
miele: di ortaggi, di frutti, di cereali o di fiori.
I Greci lo consideravano "cibo degli
dei", e dunque rappresentava una componente importantissima
nei riti che prevedevano offerte votive. Omero descrive
la raccolta del miele selvatico; Pitagora lo
raccomandava come alimento per una vita lunga.
I romani ne importavano grandi
quantitativi da Creta, da Cipro, dalla Spagna e
da Malta. Quest'ultima pare anche derivarne il nome
originale Meilat, appunto terra del miele. Veniva
utilizzato come dolcificante, per la produzione
di idromele, di birra, come conservante
alimentare e per preparare salse
agrodolci.
Il miele ebbe un ruolo centrale nella alimentazione
medievale, ma fu gradualmente soppiantato come agente
dolcificante nei secoli successivi soprattutto dopo
l'introduzione dello zucchero raffinato industrialmente.
Recentemente in virtù delle proprietà terapeutiche
il miele sta in parte ritornando in voga.
Animali
mellivori
Produzione
Il miele è prodotto dall'ape sulla base di sostanze
zuccherine che essa raccoglie in natura.
Le principali fonti di approvvigionamento
sono il nettare (botanica)Il nettare, che è prodotto
dalle piante da fiori (angiosperme), e lamelata, che è un
derivato della linfa degli alberi, prodotta da alcuni insetti
succhiatori come la metcalfa, che trasformano la linfa
delle piante trattenendone l'azoto ed
espellendo il liquido in eccesso ricco di zuccheri.
Per le piante, il nettare serve ad attirare vari insetti
impollinatori, allo scopo di assicurare la fecondazione dei
fiori. A seconda della loro anatomia, e in particolare della
lunghezza della proboscide (tecnicamente detta ligula), le
api domestiche possono raccogliere il nettare solo da alcuni
fiori, che sono detti appunto melliferi.
La composizione dei nettari varia secondo
le piante che li producono. Sono comunque tutti composti
principalmente da glucidi,
comesaccarosio, glucosio e fruttosio,
e acqua.
Il loro tenore d'acqua può essere importante, e può
arrivare fino al 90%.
La produzione del miele comincia
nell'ingluvie dell'ape operaia
(la cosiddetta borsa melaria), durante il suo volo di
ritorno verso l'alveare. Nell'ingluvie si aggiunge al nettare
l'invertasi, un enzima che ha la proprietà
di idrolizzare il saccarosio in glucosio e fruttosio.
Giunta nell'alveare, l'ape rigurgita il nettare, ricco
d'acqua, che deve poi essere disidradato per assicurarne la
conservazione.
A questo scopo, le api bottinatrici lo depongono in strati
sottili sulla parete delle celle. Le api operaie ventilatrici
mantengono nell'alveare una corrente d'aria che provoca
l'evaporazione dell'acqua. Quando questa è ridotta ad una
percentuale dal 17 al 22%, il miele è maturo. Viene
quindi immagazzinato in altre cellette che, una volta piene,
saranno sigillate (opercolate).
Principi
nutritivi contenuti
I principali componenti del miele sono:
Glucosio
Fruttosio
Acqua
Polline
Zuccheri
ed Apporto Calorico
Gli zuccheri sono
presenti in quantità variabile ma in media intorno al
72%. Di questi, i monosaccaridi fruttosio
e glucosio passano da circa il 70% nei mieli di melata fino ad
avvicinarsi molto al 100% in alcuni mieli di nettare. Tranne
pochi casi, il fruttosio è sempre lo zucchero più
rappresentato nel miele. La presenza di fruttosio dona al miele
un potere dolcificante superiore allo zucchero raffinato ma
anche una fonte di energia che il nostro organismo può
sfruttare più a lungo. Infatti, per essere utilizzato,
deve essere prima trasformato in glucosio e, quindi in
glicogeno, il "carburante" dei nostri muscoli. Il
miele è dunque consigliabile agli atleti prima di
iniziare un'attività fisica, grazie anche
all'apporto calorico di
circa 300 calorie per
100 grammi. [2]. Lo zucchero raffinato, rispetto al
miele, contiene invece saccarosio, che è un disaccaride,
ed è inoltre privo di vitamine ed oligoelementi.
Oligoelementi
Nel miele esiste una discreta presenza di oligoelementi quali
metalli (rame, ferro, iodio, manganese, silicio, cromo,
presenti soprattutto nei mieli più scuri), vitamine
(A,E,K,C, complesso B), enzimi e sostanze battericide (acido
formico) ed antibiotiche (germicidina): queste ultima categorie
di sostanze permettono in particolare al miele di essere
conservato a lungo, e ne giustificano l'utilizzo come
disinfettante naturale.
Proprietà farmacologiche e curative
Azione
Antibatterica
L'azione antibatterica del
miele è nota da tempo ed è dovuta alla sua elevata
concentrazione zuccherina e al pH acido,
e delle soluzioni di miele, grazie all'azione
della glucoso-ossidasi contenuta.
Questo enzima, inattivo nel miele puro, in soluzione si
attiva, trasformando il glucosio in acido gluconico e acqua
ossigenata. Questo accorgimento è dovuto alla necessità
di proteggere il miele in formazione daibatteri, quando ancora
non agiscono l'acidità e la concentrazione di zuccheri.
Proprietà
Specifiche
Nella medicina erboristica, il miele è suggerito per
la cura del sistema epoietico (grazie alla ricchezza di sali),
del sistema cutaneo (favorisce la cicatrizzazione e
l'idratazione), del sistema nervoso (migliorerebbe sonno e
concentrazione), dell'apparato respiratorio (contro tosse e
catarro, sciolto in latte o tè), dell'apparato
circolatorio (si presuppone abbia un'azione ipotensiva),
dell'apparato digerente (regolarizzerebbe l'attività
escretoria dei succhi gastrici e della flora batterica,
migliorerebbe l'assorbimento di calcio e magnesio, sarebbe
leggermente lassativo fatta eccezione per quello di lavanda o
castagno).
Sebbene qualsiasi tipo di miele sia ritenuto utile per
alleviare i disturbi sopracitati, dalla flora nettarifera, cui
si aggiunge una più o meno lunga stagionatura, dipendono
proprietà farmacologiche più specifiche: il miele
d’acacia sarebbe disintossicante e antinfiammatorio delle
vie respiratorie, quello di tiglio avrebbe proprietà
sedative ed sarebbe utile contro l'emicrania, il miele
d’eucalipto sarebbe espettorante, vermifugo e antitosse,
quello d’erica diuretico ed antianemico, quello di lavanda
risulterebbe utile sulla bruciature per uso esterno, il miele di
conifera sarebbe utile contro le affezioni respiratorie, il
miele di biancospino verrebbe consigliato contro ansia ed
insonnia, quello di castagno sarebbe utile contro la cattiva
circolazione.
Conservazione
Grazie alle qualità di antibatterico naturale, il
miele è un alimento che naturalmente ha una lunga
conservazione. Tuttavia, sono possibili alcune alterazioni
dovute principalmente a:
L'umidità favorisce
la fermentazione, che pur alterando il miele, può
essere utilizzata per produrre l'idromele. La temperatura invece
influenza direttamente l'aroma e
i principi nutritivi: mentre al di sotto dei 10° Celsius è
trascurabile (anzi, per evitare la cristallizzazione si può
conservare il miele a temperature al
di sotto dello zero), due mesi a 30° degradano il miele come
un anno e mezzo a 20°. Analogo discorso vale per la luce
diretta, quindi è opportuno conservare il miele in
recipienti scuri o al chiuso. Inoltre, essendoigroscopico, il
miele tende ad assorbire l'umidità e gli odori
dell'ambiente, quindi i contenitori dovrebbero essere a chiusura
ermetica.
La degradazione dello zucchero fruttosio,
sia col tempo, sia in seguito a trattamento termico,
genera idrossimetilfurfurale (HMF).
Dato che l'HMF è praticamente assente nei mieli freschi,
il suo valore, solitamente indicato in mg per kg (ppm) è
un indicatore della buona conservazione e del tipo di
lavorazione del miele. Il limite imposto dalla legge italiana è
di 40 mg/kg. Nei mieli industriali, che sono sempre "liquidi",
l'HMF è molto spesso vicino, se non pari a tale valore.
Fasi
di lavorazione del miele
Le fasi di lavorazione del miele sono un insieme di
procedimenti che l'apicoltore compie per ottenere il miele in
forma commercializzabile.
La lavorazione dell'uomo inizia dove
finisce quella dell'ape ovvero
alla fine delle fioriture, dopo che le api hanno immagazzinato
ed opercolato il miele nei favi.
La lavorazione di seguito descritta è quella
utilizzata nell'apicoltura moderna razionale.
Estrazione
dei melari
Le api accumulano il miele prodotto nei favi contenuti nei
melari. Al momento opportuno l'apicoltore decide di toglierli
dall'arnia per portarli in laboratorio ed iniziare l'estrazione
del miele. Questa fase comporta la necessità di togliere
le api contenute nel melario. Per questa operazione vengono
alternativamente utilizzati due strumenti: il soffiatore, oppure
gli apiscampi. Il soffiatore viene utilizzato dagli
apicoltori professionisti perché più rapido e
perché è sufficiente una sola visita per
completare l'estrazione dei melari. Il melario viene posto in
verticale sull'arnia, il soffiatore spazza via tutte le api in
pochi secondi ed il melario è pronto per essere portato
via. Gli apiscampi invece devono essere posti tra il nido ed i
melari qualche giorno prima di poter portar via i melari e
quindi è necessario effettuare due passaggi. Vengono
utilizzati, seppure inefficienti, dagli apicoltori hobbisti in
quanto (in numero limitato) sono più economici del
soffiatore.
Stoccaggio
dei melari
Una volta tolti dalla loro posizione sopra
l'arnia, i melari vengono portati in laboratorio ed accatastati.
In questo momento è opportuno controllare il grado di
umidità del miele con un particolare tipo
di rifrattometro chiamato
mielometro. Se risultasse troppo umido occorrerebbe procedere
alla fase di deumidificazione.
Disopercolatura
I favi dei melari sono generalmente opercolati, ovvero con le
cellette chiuse con un tappo di cera. Occorre togliere questo
"tappo" per permettere al miele di fuoriuscire. Questa
operazione viene effettuata manualmente con una apposita
forchetta o coltello, oppure attraverso un procedimento
meccanizzato grazie alla macchina disopercolatrice.
Smielatura
Una volta disopercolate le celle, i
telaini vengono posti nello smelatore che,
grazie alla forza centrifuga, fa fuoriuscire il miele. Dallo
smielatore il miele viene convogliato nei maturatori anche
in questo caso con procedimenti differenziati tra professionisti
ed hobbisti. I primi utilizzano un sistema di tubi e pompe,
mentre i secondi preferiscono i più economici secchi
(detti "latte").
Filtraggio
Il miele viene versato nei maturatori passando attraverso i
filtri che raccolgono i residui di cera, i resti delle api e
qualsiasi altro materiale fosse accidentalmente finito nel
miele. I filtri hanno maglie di diverse dimensioni e, di solito,
se ne utilizzano un paio con maglie differenziate (larghe,
sottili). Vengono utilizzati anche filtri a sacco di nylon.
Decantazione
Nella fase di smielatura il miele acquista aria che viene
eliminata nella fase di decantazione: nel maturatore il miele
decanta e l'aria viene a galla sotto forma di bollicine che
formano la schiuma.
Schiumatura
In questa fase viene eliminata la schiuma prodotta dalla fase
di decantazione.
Invasettamento
Una volta tornato limpido per l'eliminazione dell'aria
e prima che inizi la cristallizzazione il miele può
essere invasettato (per la vendita al dettaglio) o versato in
latte o fusti (per la vendita all'ingrosso). Per invasettare
viene utilizzata una macchina chiamata invasettatrice.
Stoccaggio
Lo stoccaggio è una fase importante per il miele in
quanto una elevata temperatura, un'esposizione al sole o altre
operazioni errate possono compromettere la qualità, il
sapore ed anche la commestibilità del prodotto.
Tipi di miele
Sono migliaia le specie vegetali visitate dalle api: alcune
danno origine a mieli monofloreali, in genere più
pregiati e dall’aroma deciso, altre concorrono a produrre
le varietà millefiori.
A seconda della fiorita da cui viene tratto il nettare,
variano il sapore, il colore e la consistenza del miele, le cui
molteplici varietà rivelano impensate differenze
all’olfatto e al gusto: dall’aroma delicato del
miele d’acacia, limpidissimo e liquido, al profumo intenso
di quello di tiglio, al gusto amarognolo di quello di castagno,
denso e scuro, al sapore pungente del miele d’eucalipto.
Tipi di miele diffusi in Italia[3]
Millefiori (senza un ingrediente prevalente)
Miele di acacia (Robinia
pseudoacacia)
Miele di agrumi
Miele di ailanto
Miele di carrubo (Ceratonia
siliqua)
Miele di castagno (Castanea
sativa)
Miele di corbezzolo (Arbutus
unedo)
Miele di edera
Miele di erica (Erica spp.)
Miele di eucalipto
Miele di colza (Brassica
napus)
Miele di girasole
Miele di lavanda
Miele di leguminose:
Trifoglio
Erba medica
Ginestrino
Meliloto
Sulla
Miele di melata:
Miele di melata d'abete
Miele di melata di Metcalfa
pruinosa, un rincoto omottero di
origine americana
Miele di melata di nocciolo
Miele di melo
Miele di rododendro
Miele di tarassaco
Miele di tiglio
Miele di timo
Miele di cardo
Miele di asfodelo
Miele di zagara
Miele di bergamotto
Miele di rosmarino
La legge
italiana
Ingrandimento di un favo naturale
Il miele, per la legge italiana,
non può subire aggiunte di sorta, e gli unici trattamenti
a cui può essere sottoposto sono:
La cristallizzazione dipende
dalla quantità di zuccheri, soprattutto glucosio,
contenuta nel miele. Essendo una soluzione sovrassatura, il
tempo necessario varia in maniera inversamente proporzionale
alla concentrazione degli
zuccheri: da poche settimane, o addirittura nei favi
dell'alveare, per il miele di colza, tarassaco o edera che sono
molto ricchi di glucosio, finanche a superare un anno per
il miele d'acacia, di melata e dicastagno, ricchi di fruttosio.
I trattamenti termici, utilizzati per mantenere il miele allo
stato liquido, privano il miele di molti principi
nutritivi. È quindi preferibile l'utilizzo di miele
cristallizzato o cremoso al di fuori del periodo di produzione.
Uso di farmaceutici nella
produzione di miele
Talvolta nell'allevamento delle api vengono utilizzati
farmaci che possono contaminare il miele.
In Europa, ai sensi del regolamento
2377/90, non sono previsti limiti residuali di antibiotici nei
mieli e nella pappa reale che
pertanto devono considerarsi vietati negli alveari in
produzione. Sono invece ammessi in alcuni paesi (Italia esclusa)
per la cura di alcune patologie quali la peste americana e
la peste europea.
In alcuni
stati extraeuropei ne è consentito l'uso sistematico per
la prevenzione delle medesime patologie. In particolare
negli Stati Unitiè frequente l'uso di tetracicline e
del sulfatiazolo. In altri stati, quali la Cina sono
frequenti le contaminazioni con il cloramfenicolo,
unantibiotico che può
causare gravi effetti collaterali.[4]
La globalizzazione sta inoltre
portando a frequenti episodi di contaminazione con
cloramfenicolo dovuti alle triangolazioni del mercato.[5]
Riconoscimenti
Sono stati riconosciuti come prodotti
agroalimentari tradizionali italiani i
seguenti mieli:
Regione Abruzzo
Regione Basilicata
Regione Calabria
miele di arancio calabrese
miele di castagno calabrese
miele di corbezzolo
miele di eucaliptus calabrese
miele di melata di abete calabrese
miele di sulla calabrese
Regione Campania
miele di acacia
miele di castagno
miele di girasole
miele di sulla
miele millefiori
Regione Emilia-Romagna
miele del crinale dell’appennino emiliano
romagnolo
miele di erba medica della pianura emiliano romagnolo
miele di tiglio, mel tiglio
miele vergine integrale
Regione Friuli-Venezia Giulia
Regione Lazio
Regione Liguria
Regione Lombardia
Regione Toscana
Regione Veneto
Regione Sardegna
Voci
correlate
Aceto di miele
Alimentazione
Apicoltura
Apis
Idromele
Nettare
Polline
Propoli
Pinobanksina
Pinocembrina
Note
^ Le
proprietà del miele | biopedia.it
^ calorie
miele
^ Fonte:
Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani
^ Guida
all'uso dei farmaci: cloramfenicolo
^ Controllo
CE alimenti apistici - Unaapi - Mieli d'Italia
Altri progetti
Collegamenti
esterni
Miele su Open
Directory Project (Segnala su
DMoz un collegamento pertinente all'argomento "Miele")
Legge 25
maggio 2004, n. 179, in materia di Attuazione della
direttiva 2001/110/CE concernente la produzione e la
commercializzazione del miele
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informativo e prima di qualunque iniziativa bisogna consultare sempre
un medico.
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