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Ultima modifica per la pagina: 17:26, 20 apr 2012.

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Echinacea (botanica)



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Echinacea


Echinacea angustifolia

Classificazione Cronquist

DominioEukaryotaRegnoPlantaeDivisioneMagnoliophyta

ClasseMagnoliopsida

OrdineAsterales

FamigliaAsteraceae

SottofamigliaAsteroideae

TribùHeliantheaeGenere

Echinacea


Moench, 1794

Classificazione

APGRegnoPlantae(clade)

Eudicotiledoni(clade)

Asteridi(clade)Euasteridi II

OrdineAsterales

FamigliaAsteraceae

SottofamigliaAsteroideae

TribùHeliantheaeSpecie

  • Echinacea angustifolia

  • Echinacea atrorubens

  • Echinacea laevigata

  • Echinacea pallida

  • Echinacea paradoxa

  • Echinacea purpurea

  • Echinacea sanguinea

  • Echinacea simulata

  • Echinacea tennesseensis

Echinacea Moench, 1794 è un genere di piante erbacee perenni della famiglia delleAsteraceae, originarie del Nord America, comprendente nove specie d'interesse ornamentale ed erboristico.

Indice

   

Etimologia 

Linneo battezzò questo genere Rudbeckia in omaggio a O. Rudbeck, botanico svedese del XVII sec. Il genere fu poi rinominato da Moench, nel 1794, Echinacea (dal grecoechinos, riccio), secondo alcuni autori per la struttura dei semi che possiedono, alla loro sommità, un margine con 4 denti appuntiti; secondo altri, per le brattee pungenti del capolino.

Distribuzione e habitat 

Le Echinacee sono originarie del Nord America, presentano un areale molto esteso che va dalle zone costiere del Golfo del Messico alle Grandi Pianure (Great Plains), fino al Lago Grande a Nord, alle montagne Rocciose ad Ovest ed alla catena degli Appalachi ad Est, interessando numerosi stati. Le Echinacee mostrano una notevole adattabilità alle diverse condizioni ambientali; crescono spontaneamente sia nelle zone di pianura che ad alta quota (fino ad oltre 1500 m di altitudine), privilegiando aree aperte e soleggiate, senza esigenze particolari di terreno anche se prediligono suoli moderatamente fertili, ben drenati e tendenti al sabbioso, come quelli delle grandi praterie nordamericane.

Descrizione 

Le Echinacee sono piante erbacee poliennali con riposo vegetativo invernale (la parte epigea si dissecca in autunno), appaiono dalla primavera inoltrata all’autunno e fioriscono tra giugno e agosto. L’apparato radicale è più o meno fascicolato, con radici singole di calibro differente; le foglie, riunite in rosette basali e poi distribuite lungo gli scapi, sono lanceolate od ellittiche, con margine intero o seghettato e generalmente provviste di peli. Il fusto, di altezza variabile da 50 a 150 cm, ha un portamento eretto, si presenta più o meno peloso, ramificato e rivestito di poche o molte foglie, a seconda della specie. Ilcapolino è terminale, lungamente peduncolato, con ricettacolo conico, fiori ligulati (sterili) di lunghezza e tonalità variabili dal bianco-rosato al rosa-purpureo, e fiori tubulosi (fertili) ermafroditi; il polline può presentare diverse colorazioni. Il frutto è un achenioquadrangolare con presenza od assenza di pigmentazione marrone chiaro all’apice e fornito di un piccolo pappo.

Tassonomia 

In passato vi era molta confusione sulla nomenclatura del genere e delle varie specie: fino a tempi recenti, infatti, queste sono state largamente confuse tra loro nelle caratteristiche e nelle proprietà, a causa anche di forti somiglianze morfologiche. Solo da poco, attraverso moderni metodi analitici, si è pervenuti alla loro differenziazione filogenetica su basi biochimiche.[senza fonte]

Proprietà officinali 

Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non costituiscono e non provengono né da prescrizione né da consiglio medico. Wikipedia non dà consigli medici: leggi le avvertenze.

L'uso medicinale di questa pianta si perde nei tempi: gli Amerindi del Nord America usavano il rizoma per curare piaghe e affezioni varie della pelle, ferite da traumi , da morsi dei serpenti, vaiolo, morbillo, parotite epidermica, artrite e preparazione di collutori. Per uso esterno, il rizoma delle echinacee ha in effetti proprietà cicatrizzanti, antiinfettive e riepitelizzanti.

La farmacopea moderna ha esteso le conoscenze popolari attribuendo a queste piante un ruolo in primo piano nel rafforzamento delle difese immunitarie. Oltre agli usi esterni per scopi medicamentosi o fitocosmetici, l'echinacea può essere usata anche per la cura delle affezioni influenzali e del raffreddore. L'Agenzia europea per i medicinali (EMEA) ha approvato[1] l'uso di estratto di fiori di Echinacea purpurea per la prevenzione a breve termine ed il trattamento del raffreddore. Secondo le raccomandazioni dell'agenzia:

Non dovrebbe essere assunto per più di 10 giorni. La somministrazione a bambini di età inferiore ad 1 anno è controindicata, a causa di possibili effetti indesiderati su di un sistema immunitario immaturo. L'uso per bambini tra gli 1 e i 12 anni di età è sconsigliato, in quanto l'efficacia non è stata sufficientemente documentata sebbene nemmeno rischi specifici siano stati documentati. In assenza di dati sufficienti, è sconsigliato l'uso durante la gravidanza e l'allattamento.[2]

In fitocosmesi, per le sue proprietà, l'echinacea è utile come decongestionante e purificante delle pelli, per il trattamento delle rughe, dell'acne, delle smagliature, delle screpolature.

Composizione chimica 

I principi attivi si trovano nella radice e sono: chetoalcheni e chetoalchini con derivati idrossilati differenziati tra gli estratti di Echinacea pallida e di Echinacea angustifoglia, olio essenziale dallo 0.2 al 2%, derivati poliacetilenici, derivati dell'acido caffeico tra i quali l'echinacoside (fino all'11 % mentre la cinarina è assente), glicoproteine, polisaccaridi (la radice dell'E. pallida non contiene alcammidi a differenza della E. angustifolia.[senza fonte]

Farmacologia 

Le Echinacee sono indicate nei casi di: basse difese immunitarie, prevenzione e trattamento delle comuni sindromi influenzali, trattamento di altre infiammazioni del tratto respiratorio, trattamento delle prostatiti e delle uretriti, in ambito ginecologico trattamento delle metriti ed annessiti, forme poliartritiche, trattamento di ulcere, ferite infette, ustioni, afte e dermatiti.[senza fonte]
L'estratto secco di E. pallida
 ad una concentrazione dello 0,01% in vitro è stato in grado di aumentare del 23% il tasso di fagocitosi deigranulociti umani. Quest'attività è stata confermata sempre in vitro tramite il carbon clearance test. Il tasso di eliminazione delle particelle di carbone era aumentato di 2,2 volte.[senza fonte]
Uno studio clinico monocentrico contro placebo
 eseguito su 160 soggetti, utilizzando una tintura idroalcolica (1:5), pari a 900 mg di radice al giorno ha evidenziato un rapido miglioramento della sintomatologia nella sindrome influenzale. Ulteriori studi hanno messo in evidenza che in caso di infezioni batteriche la durata della malattia può ridursi a 9,8 giorni anziche 13 e nel caso di infezione virale a 9,1 giorni da 12,9.[senza fonte]
Sulla base di studi in vivo, in vitro e clinici, la Commissione del Ministero della Sanità tedesco ha inserito la radice di Echinacea pallida nelle monografie positive con l'indicazione "terapia di supporto durante le infezioni virali di tipo influenzale".[senza fonte]

Dosaggio: negli adulti 900 mg/die per un trattamento non eccedente le 8 settimane.

Controindicazioni: Questi principi attivi non andrebbero impiegate nelle malattie sistemiche progressive come tubercolosi, leucosi,collagenosi, sclerosi multipla, AIDS, infezioni da HIV, patologie autoimmuni e durante la terapia immunosoppressiva.

Non è raccomandata la somministrazione in gravidanza o durante l'allattamento poiché non vi sono disponibili dati riguardanti gli effettiteratogeni.

Aspetti economici 

Le indiscusse proprietà attribuite dalla farmacopea moderna rendono questo genere di grande interesse nel settore farmaceutico ed erboristico. Sono piante abbastanza rustiche e si prestano alla coltivazione per scopi industriali. In Italia si adatta abbastanza bene per colture a ciclo primaverile estivo. La specie di maggior interesse come pianta medicinale è l'Echinacea purpurea, ma sono largamente oggetto di commercio e di moltiplicazione anche l'Echinacea angustifolia e l'Echinacea pallida.

Le echinacee sono interessanti anche come piante ornamentali, per la grandezza e la vistosità dei capolini.

Curiosità 

La tradizione popolare attribuisce proprietà afrodisiache che però non trovano riscontro nella documentazione scientifica.

Voci correlate 

  • Pianta medicinale

  • Pianta officinale

  • Erboristeria

  • Fitomedicina

  • Generi di Asteraceae

Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 29 apr 2012 alle 20:52.

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Tè verde



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Foglie di tè verde in infusione in un gaiwanscoperchiato

Voce principale: tè.

Il tè verde (cinese semplificato: 绿茶; cinese tradizionale : 綠茶; lǜchá; giapponese: 緑茶; ryokucha) è un tipo di tè composto esclusivamente da foglie di Camellia sinensis (o Thea chinensis) che durante la lavorazione non debbono subire alcuna ossidazione. Di origini cinesi, per secoli è stato consumato in varie regioni asiatiche, dal Giappone alMedio Oriente. Solo di recente ha trovato la sua diffusione anche in Occidente, dove per tradizione si consuma per lo più tè nero. A livello globale è la seconda varietà di tè più diffusa: dei 2,5 milioni di tonnellate di tè che si producono a livello mondiale, il 20% è rappresentato da tè verde (il 78% da tè nero, il 2% da tè Oolong)[1].

Indice

   

Varietà 

Nel tempo sono state create molteplici varietà di tè verde, che differiscono in base alle condizioni di crescita locali (altitudine, clima, suolo, schermatura dal sole), e alle modalità di raccolta e di lavorazione.

Tè verdi cinesi 

In Cina si producono almeno mille varietà di tè, circa il 50% delle quali sono tè verdi (il restante 50% è costituito soprattutto da tè nero, tè oolong, tè rosso, tè giallo, tè bianco). Queste varietà prendono il nome dal loro aspetto, ma anche dal luogo di origine o da alcune caratteristiche particolari. Qui riportiamo una lista dei tè verdi più conosciuti, ordinati per provincia di provenienza, con il nome originale, il nome inglese di importazione, e la sede di provenienza.

Provincia di Zhejiang
  • Hua Ding (Cloud and mist) è un tè tradizionale fin da quando, nel II secolo, i monaci buddisti lo coltivavano intorno al loro tempio sulmonte Tian-tai (terrazza del cielo). Il lungo inverno ritarda la maturazione fornendo un tè forte. La leggenda vuole che nell'805 d.C. Saicho, un monaco giapponese in visita sul Tian-tai, si innamorò di questo tè ne portò la pianta in Giappone.

  • Qing Ding (Green top) risale al V secolo, viene coltivato sulla montagna di Tian-mu (occhi del cielo) che fa parte delle biosfere protette dall'UNESCO.

  • Chang-xing (Purple Shoot) è uno dei più antichi tè cinesi ancora prodotti. Ha vinto premi nazionali nel 1982 e nel 1986. È coltivato sul monte Guzhou.

  • Long ding (Dragon Mountain) ha vinto 26 volte premi regionali e nazionali. Proviene da Kaihua.

  • Jinghua (Rock Tea) risale al X secolo. Si coltiva sulla montagna di Jinghua, che rappresenta la culla del Taoismo.

  • Xi Hu Longjing (西湖龍井, Dragon well) il più celebre tè verde cinese, nativo della zona di Hangzhou, ex capitale cinese. Risale al XII secolo ma divenne rinomato nel XVII secolo.

  • Hui Ming origina presso il tempio omonimo sulla montagna di Ci-mu; vinse la medaglia d'oro nel 1915 all'Esposizione universale di San Francisco. Le coltivazioni furono distrutte durante la Seconda Guerra Mondiale, e ricostruite nel 1979.

  • Anji (White Tea) si tratta di un tè verde prodotto da una varietà rara di tè le cui foglie all'inizio della primavera sono ancora bianche. Il contenuto di amminoacidi del White tea è dieci volte più alto rispetto agli altri tè verdi: per questo è molto costoso (vecchie stime riportano 200 USD per 30 grammi). La contea di Anji possiede la più vasta foresta di bambù al mondo (60mila ettari e 3000 specie diverse).

  • Xian-xia (Green Peony) risale al XII secolo, ma come molti altri tè cinesi, la sua produzione fu accantonata negli anni per essere ripresa solo recentemente. Nel 1982 vinse la medaglia d'oro del Ministero del Commercio cinese.

  • Yu-hang (Jing Mountain) coltivato sul monte Jing, presso un tempio che una volta ospitava duemila monaci buddisti. Risale al X secolo ma la coltivazione fu ripresa nel 1978. Ha vinto numerosi premi.

  • Pu-tuo (Zen Tea) risale al IX secolo. vinse la medaglia d'argento nel 1915 all'Esposizione universale di San Francisco. Nel 1999 è stato autenticato dall'Environment Protection Bureau. Il monte Putuo nel distretto di Zhoushan è uno dei quattro più celebri monti buddisti.

Varietà gunpowder

  • Gunpowder (珠茶; pinyin: zhū chá) il tè verde cinese più conosciuto nel mondo, dal sapore fresco e pungente. Caratteristica principale di questo tè è la forma di piccole palline che viene data alle foglie durante la lavorazione. L'origine di questo nome (in italiano "polvere da sparo") non è chiara: è stata messa in relazione con il cinese gāng paò dè ("preparato fresco"), con la somiglianza alla vera polvere da sparo, con il fatto che dalla forma appallottolata il tè "esplode" in una foglia allungata se messo in infusione, e con il suo aroma lievemente fumoso. La sua produzione risale alla Dinastia Tang(618907). Il Gunpowder veniva prodotto nella zona di Shao-xing, ma dal 1990 la sua produzione si è estesa a tutta la provincia di Zhejiang e anche ad altre province (Jiangxi, Jiangsu, Anhui, Fujian, Sichuan). Oggi il Gunpowder è arrotolato a macchina, ma nelle varietà più pregiate è ancora arrotolato a mano. Ricordiamo le varietà Pingshui Gunpowder (平水珠茶), Formosa Gunpowder, Ceylon Gunpowder (cresce nello Sri Lanka ad oltre 2000 metri di altezza). Molti tipi di tè possono essere arrotolati nella forma gunpowder (Chunmee, Tieguanyin, Huang Guanyin, Dong Ding). Infine il gunpowder, aromatizzato alla menta, è la bevanda tipica marocchina ed il cuore dell'ospitalità maghrebina: si utilizza tanto per le visite informali dei vicini di casa quanto per le cene di gala. Almeno due tazze devono essere bevute per non offendere il padrone di casa.

Provincia di Anhui
  • Da Fang (Big Square) Prende il nome dal suo creatore, il monaco buddista Da Fang vissuto nel XIV secolo. È originario della contea Xi, nota per i suoi pittoreschi scenari e la sua ricchezza di antichi templi e giardini. Altri tè della contea Xi sono Mao Feng, Chao Qing, e Green Peony.

  • Hou Kui (Monkey tea) della contea di Tai-ping (patrimonio dell'Unesco dal 1990) alle pendici settentrionali del Monte Huangshan(Monte Giallo). Medaglia d'oro nel 1915 all'Esposizione universale di San Francisco, è entrato fra i dieci migliori tè cinesi nel 1955.

  • Gua zi Pian (六安瓜片, Sunflower Seed) della contea di Liu-an. Risale addirittura al VII secolo. È l'unico tè verde cinese prodotto senza i gambi delle foglie. La maggiore zona di produzione si trova sulla montagna Qi-Yun.

  • Huo Qing (Green Fire) della contea di Jing. Risale al XVII secolo, ma la produzione fu ripresa nel 1956. È uno dei migliori tè cinesi.

  • Mao Feng (黃山毛峰, Fur Peak), tè pregiato proveniente dal monte Huangshan (la Montagna Gialla che è patrimonio dell'umanità dal 1990).

  • Tun Lu (Green gold) della contea omonima di Tunxi, è un tè pregiato che risale al VII secolo.

  • Hyson tè di media qualità prodotto in varie province.

Provincia di Jiangsu
  • Bi Luo Chun (洞庭碧螺春, Spring Snail), è un tè pregiato, secondo solo al Dragon Well, originario del monte Dongting presso il lago Tai. Il nome cinese e inglese vuol dire "foglie verdi e ricce di primavera". Possiede aroma fruttato (pesca, susino, arancia). La raccolta inizia precocemente, agli inizi di Marzo.

  • Rain Flower prodotto a Nanchino (dieci volte capitale della Cina) a partire dal 1958. Ha vinto numerosi premi.

Provincia di Jiangxi

Varietà Chun Mee ("a sopracciglio")

  • Chun Mee (Eyebrow) della contea di Wu-yuan, introdotto nel 1958 a partire da una formula antica. Ha vinto numerosi premi. Prende la forma di sopracciglio mediante la tostatura. Generalmente è poco dolce e abbastanza acidulo rispetto.

  • Emerald Green della montagna di Jing-gang (che possiede una vasta e ben conservata foresta ricca di acqua sorgiva), ha la caratteristica forma arrotolata ad uncino.

  • Twinwell della contea di Xiu-shui.

  • Gou Gu Nao ha vinto numerosi riconoscimenti nazionali.

  • Yun Wu (Cloud and Mist).

Provincia di Fujian
  • Shi Ting della contea di Nan-an. Ha aspetto argenteo, e l'infuso è verde chiaro. Ha vinto numerosi premi.

  • Tianshan (letteralmente La montagna che tocca il cielo) dal monte omonimo.

Provincia di Hunan
  • Yin Jan (君山銀針, Silver Needle), dell'isola di Junshan (situata nel lago Dong-Ting, il più grande lago cinese). Tè pregiato vincitore di premi, caratterizzato dall'aspetto giallastro delle foglie.

  • Guzhang mao jian, della contea di Guzhang. Tè ricco di selenio, che favorisce le difese immunitarie. Ha vinto numerosi premi.

  • Silver Peak dalla città di Changsha. Fu formulato nel 1959 dallo Hunan Tea Research Institute. Probabilmente è il tè verde dotato delle maggiori proprietà toniche.

  • Rocky Bank Tea, della contea di Yuan-ling,

Provincia Autonoma del Xizang/Tibet

Produce quasi esclusivamente tè verde. Si tratta di piante coltivate ad oltre 2000 metri di altezza, nella prefettura Linzhi, piantagione Yigong. Grazie all'acqua cristallina dell'Himalaya e alla lavorazione sopraffina, il Tibet produce tè eccezionali. Le principali varietà:

  • Mao Feng anche nella varietà jasmine

  • Green Premium nelle varietà con Rhodiola (sostanza che migliora la resistenza fisica), Snow Lotus (pianta che cresce sopra i 4000 metri di altezza), Cordyceps (fungo), Saffron, e Silverweed.

Altre province

Varietà Mao Jian (Tippy green.

  • Henan: Xin Yang Mao Jian (Tippy Green) della contea di Xinyang. È un tè popolare, per il mercato domestico. Vincitore di premi internazionali.

  • Hubei: Yu Lu (Jade Chip)

  • Guangdong: Silver Tip

  • Guangxi: West Mountain

  • Guizhou: Mao Jian

  • Yunnan: White Hair

  • Sichuan:

  1. Bamboo Leaf Green

  2. E Rui

  3. Meng Ding

  • Shandong

  • Shanxi

  • Gansu

Tè verdi giapponesi 

Varietà Gyokuro

Varietà Bancha

Varietà Genmaicha

In Giappone quando si dice "tè" (お茶; ocha) si intende "tè verde" (緑茶; ryokucha), e questo è giustificato dalla sua diffusione. In Giappone il tè verde fu importato dalla Cina, durante ladinastia Song, grazie a Myōan Eisai, un prete buddista che inoltre introdusse la scuolaRinzai del buddismo Zen.

I tipi di tè sono classificati in base alla qualità e alle parti delle piante utilizzate, e in base al tipo di lavorazione. Ci sono grosse variazioni di prezzo e qualità all'interno di queste categorie. I migliori tè giapponesi provengono da Uji (prefettura di Kyoto), Shizuoka e Yame(prefettura di Fukuoka).

玉露 Gyokuro (Jade Dew)
il nome è dovuto al colore verde pallido dell'infusione. A differenza del Sencha (煎茶), la pianta di tè viene fatta crescere in penombra (coprendo la piantagione con pannelli di canna di bambù o paglia di riso) per circa 20 giorni prima della raccolta delle foglie.[2] Ha un elevato contenuto in caffeina (0.16% in infusione) [1], ma il significativo contenuto diL-Teanina interferisce con l'assimilazione della caffeina e ne attenua gli effetti. I tipi principali sono:
  • Kanro Gyokuro (il più raffinato e uno dei più costosi tè giapponesi)

  • Netto Gyokuro

抹茶 Matcha (rubbed tea)
le foglie vengono cotte al vapore, asciugate e ridotte in polvere finissima. È usato nellacerimonia del tè. È anche un aroma per i gelati e altri dolciumi in Giappone. Anche Matcha cresce all'ombra, come Gyokuro. I migliori tipi sono Uji Midori e Ajirogi. Ce ne sono due tipi:
  • koicha (spesso) proviene da piante di età superiore a 30 anni

  • usucha (sottile) proviene da piante di età inferiore ai 30 anni

煎茶 Sencha (broiled tea)
Le foglie sono esposte direttamente alla luce del sole; è utilizzato in Giappone per il consumo giornaliero, essendo il più diffuso tè verde giapponese.
  • Netto Sencha è il più costoso

  • 冠茶 Kabusecha (tè coperto) è un tè di penombra (come il Gyokuro) ma tagliato come il Sencha; ha un gusto più morbido e un colore più delicato rispetto al Sencha tradizionale.

  • Shincha (new tea) rappresenta il primo raccolto dell'anno di Sencha (che normalmente avviene in Aprile)

  • 玉緑茶 Tamaryokucha anche detto Guricha entrambi i nomi significano "tè riccioluto", per la forma delle foglie; dà un infuso verde brillante con un sottilissimo aroma di noci; proviene da Kyushu.

  • Fukuyu cresce alle falde del monte Fuji, ricco in vitamina C

番茶 Bancha (common tea)
è un tè naturalmente a basso contenuto di caffeina, e si trova nelle varianti
  • 焙じ茶 Hōjicha (pan fried tea): costituito dalle foglie più grosse dell'arbusto lievemente tostate (va lasciato in infusione per 4-5 minuti)

  • 茎茶 Kukicha (stalk tea): costituito da rametti di tè leggermente tostati (va bollito per 10 minuti)

玄米茶 Genmaicha (Brown-Rice tea)
derivato dal Bancha o dal Sencha, misto a riso o grano soffiato; alcuni produttori aggiungono anche un pizzico di Matcha. È povero in caffeina e ha un aroma lievemente di orzo tostato; ottimo abbinato al cioccolato.
Tè Sanpin di Okinawa

Tè verdi indiani 

Tè verde di Ceylon

Ceylon

Le varietà riflettono la nomenclatura tradizionale cinese: i principali sono il Gunpowder e ilChun Mee. Piantagioni importanti sono quelle di Idulgashena, a 1200 metri di altitudine, che producono un tè high grown di qualità.

Kashmir
  • Kahwah Viene bollito assieme a zafferano, cinnamomo e cardamomo. Normalmente è servito con zucchero o miele.

Altri tè verdi 

Tè verde vietnamita

Vietnam
  • Lotus (per le occasioni)

  • Jasmine (per il quotidiano)

Brasile
Indonesia

Dalla piantagione alla tavola 

Coltivazione e raccolto 

Piantagioni di tè verde in Corea

La Camellia sinensis può essere coltivata del tutto al sole (per ottenere Sencha, Hojicha) oppure più frequentemente è schermata dal sole nelle 2-3 settimane precedenti il primo raccolto (come avviene per la maggior parte dei tè verdi, tra cui Gyokuro e tutti i tè cosiddetti "di penombra"). Normalmente allo scopo si costruiscono delle strutture di bambù ricoperte di paglia o cannucce dette kabusè. Questa schermatura rallenta la maturazione e la produzione di clorofilla, incrementando il contenuto di flavonoidi, amminoacidi, zuccheri, vitamina C ed altre sostanze nutritive, e rendendo il gusto più dolce e il colore più delicato. Un secondo indice di qualità del tè è la crescita ad altitudini abbastanza elevate (a partire dagli 800-1000 metri): i tè cosiddetti high grownmaturano più lentamente e sono ricchi di polifenoli. Il primo raccolto si fa a fine Aprile, inizio Maggio: si chiama "Ichiban-cha" o "Shincha" e fornisce il tè della qualità più alta (quindi il più costoso). Il secondo raccolto si fa invece tra giugno e luglio, ed il terzo raccolto tra luglio ed agosto. Talora si fa anche un quarto raccolto.

Lavorazione 

Il tè verde non è fermentato, per cui le foglie conservano il loro colore verde. Le foglie si dispongono su superfici di bambù e si espongono al sole per qualche ora. Poi vengono passate al vapore (100 °C) per almeno 30 secondi, in modo da inattivare alcuni enzimi. Seguono diverse fasi di asciugatura (in genere 4, da circa 20-40 minuti ognuna) che fanno evaporare una grossa percentuale di acqua contenuta nelle foglie. L'asciugatura rende le foglie mollicce ed è intercalata da fasi di ripiegamento o arrotolamento (a questo punto possono essere piegate in forme particolari, come nella varietà gunpowder). Quando le foglie sono ben essiccate sono pronte per essere raffinate (viene eliminata la polvere e i detriti) ed eventualmente tostate (come per Hojicha), quindi vengono inviate all'impacchettamento.

Preparazione dell'infuso 

Anche se ogni varietà di tè verde ha i suoi parametri ottimali di temperatura, quantità, tempo di infusione, è possibile utilizzare delle regole generali che permettano di preparare un'ottima bevanda.

  • Normalmente si porta dell'acqua a temperatura di ebollizione, quindi si fa raffreddare per circa 30-60 secondi, facendole raggiungere la temperatura ottimale di 70 °C (comunque compresa tra 60° e 80°). Non bisogna mai utilizzare l'acqua bollente (100 °C), in quanto l'alta temperatura "cuoce" le foglie e distrugge gli aromi e i componenti del tè, risultandone un gusto abbastanza amaro; per lo stesso motivo, se si utilizza un gaiwan, questo non dovrebbe essere chiuso con il suo coperchio, ma l'infusione andrebbe lasciata libera di evaporare e quindi di raffreddarsi.

  • L'acqua calda si versa nel recipiente in cui sono state deposte le foglie di tè: è preferibile non versare direttamente l'acqua sulle foglie, ma far colpire all'acqua la parete della tazza o del gaiwan (sempre per non bruciarle).

  • Le dosi tipiche di foglie da utilizzare corrispondono a circa 2-2,5 grammi per tazza da 200ml, ovvero circa un cucchiaino pieno.

  • La durata dell'infusione varia in base al tipo di tè. Normalmente non si superano i 2-3 minuti (è il tè che richiede il tempo di infusione più breve); se l'infusione è troppo lunga, ne risulta un sapore troppo amaro.

  • Si rimuovono le foglie con un filtro e la bevanda è pronta.

Alcuni tipi di tè verde possono essere aromatizzati durante l'infusione con semi di anice o anice stellato, radice di liquirizia, scorza dilimone, menta, cannella o cardamomo.

Soprattutto se il tè è di qualità superiore, come il Gyokuro, è pratica comune riutilizzare le foglie anche 2-3 volte, ma per infusioni più brevi. Per ridurre ulteriormente la quantità di caffeina presente nel tè, è possibile versare una piccola quantità di acqua calda sulle foglie, attendere 20 secondi, gettare l'acqua di infusione, quindi versare nuova acqua calda e ripetere l'infusione per 2-3 minuti.

Altri utilizzi 

Gelato al tè verde

Estratti di tè verde (in particolare la varietà Matcha) sono variamente usati per preparare una enorme varietà di derivati, in particolare dolciumi e bevande: torte, biscotti, tiramisù, cioccolatini, gelati industriali ed artigianali, creme-caramel, muffin, frappè, granite.

Composizione chimica 

La composizione chimica del tè verde ad uso alimentare, fatta eccezione per poche reazioni enzimatiche che si verificano subito dopo la raccolta, rappresenta in pratica la composizione delle foglie fresche, dato che la procedura di lavorazione prevede la sola essiccazione ad alte temperature, e non la fermentazione.

Una tazza di tè verde (200 mL di Gunpowder, Hangzhou) contiene circa 142 mg di EGCG, 65 mg di EGC, 28 mg di ECG, 17 mg di EC, e 76 mg di caffeina[3].

Polifenoli (circa il 30% del peso secco)
  • Flavan-3-oli (catechine ed i loro isomeri epicatechine)

  1. epigallocatechina-3-gallato (EGCG): polifenolo, il più caratteristico componente del tè verde, dovuto alla non-fermentazione del tè verde. Il tè verde ha un contenuto di EGCG 10 volte superiore al tè nero e 2,5 volte superiore al tè Oolong. L'EGCG è il principale responsabile delle proprietà del tè verde, ed agisce mediante vari meccanismi tra cui la riduzione dei livelli di TNF-alfa, una citochina proinfiammatoria.

  2. epigallocatechina (EGC)

  3. epicatechina-3-gallato (ECG)

  4. epicatechina (EC)

  5. gallocatechina

  6. catechina

  • Flavandioli

  • Flavonoidi

  • Acidi fenolici (tra cui l'acido gallico ed il suo estere Teogallina)

  • tannini con questo termine si indica in maniera inesatta i polifenoli antiossidanti responsabili dell'aroma e del gusto amarognolo. Sarebbe più opportuno chiamarli "polifenoli del tè" oppure "flavonoidi del tè", dato che sono molto diversi dai tannini commerciali e dall'acido tannico.

Vitamine
  • vitamina C

  • vitamine del gruppo B

  • vitamina K

Metilxantine (alcaloidi a nucleo purinico)
  • caffeina: 30-50 mg per tazza da 225 grammi[4]. Si tratta di un tasso relativamente basso, se confrontato con il tè nero (40-80 mg) e molto inferiore al caffè espresso (tenendo conto dell'inevitabile approssimazione di queste misurazioni). Inoltre gli effetti eccitanti della caffeina sono attenuati dalla presenza della L-teanina, che ne riduce l'assorbimento.

  • teofillina

  • teobromina

Aminoacidi
  • L-teanina (5-N-etilglutamina): aminoacido responsabile del potenziamento del gusto umami[5], che riduce lo stress mentale e fisico[6].

Minerali[1]
  • Alluminio

  • Manganese

L'olio essenziale di tè verde contiene più di 300 composti tra cui aldeidi, alcoli, e fenoli.

Nella lavorazione del tè nero, invece, la maggior parte di questi composti monomerici va incontro ad una polimerizzazione detta "ossidazione" (con formazione di bisflavanoli, tearubigine e teaflavine dal caratteristico anello benzotropolonico che conferisce al tè nero il colore ed il sapore caratteristici). Il tè Oolong è parzialmente ossidato (possiede catechine, teaflavine e tearubigine monomeriche).

L'ossidazione è resa possibile dalla presenza di un enzima caratteristico, una polifenolo ossidasi che catalizza l'ossidazione aerobicadelle catechine nel momento in cui la struttura cellulare è danneggiata, durante la lavorazione dei tè nero ed Oolong[1].

Effetti del tè verde sulla salute 

Le informazioni qui riportate hanno solo un fine illustrativo: non costituiscono e non provengono né da prescrizione né da consiglio medico. Wikipedia non dà consigli medici: leggi le avvertenze.

Fin dai primordi del suo consumo, al tè verde sono stati attribuiti effetti positivi sulla salute. Ma solo negli ultimi anni l'entità reale di questi benefici è stata studiata in maniera scientifica: ci sono evidenze secondo cui i bevitori regolari di tè verde mostrano minore incidenza di malattie cardiache e tumori[7].

Storia 

Il tè verde è stato utilizzato nella medicina tradizionale in India, Cina, Giappone e Thailandia, con vari obiettivi: dal controllo delle emorragie, della temperatura corporea, della glicemia, al miglioramento della guarigione delle ferite e della digestione.

Nel Kissa Yojoki (Libro del tè), il prete zen Eisai, descrisse nel 1191 gli effetti benefici del tè verde sui cinque organi vitali, in particolare il cuore. Il libro elenca le qualità medicinali del tè: allevia gli effetti dell'alcol, agisce come stimolante, cura la pustolosi, attenua la sete, allontana le indigestioni, cura il beriberi, previene la stanchezza, migliora la funzione urinaria e cerebrale.

Posizione della Food and Drug Administration statunitense 

L'articolo Tea: A Story of Serendipity[8] apparso nel numero di Marzo 1996 della rivista FDA Consumer Magazine pose la questione dei potenziali benefici del tè verde, senza averli ancora studiati in maniera scientifica.

Il 30 giugno 2005, in risposta a "Green Tea and Reduced Risk of Cancer Health Claim", la FDA concluse che "non esiste alcuna prova credibile che dimostri il rischio ridotto di cancro gastrico, polmonare, colorettale, esofageo, pancreatico, ovarico, e misto". Tuttavia la FDA concluse che esiste una piccola prova di beneficio sul cancro mammario e sul cancro prostatico da parte del tè verde. [9]

Risultati scientifici 

I benefici del tè verde corrispondono in massima parte ai benefici delle catechine che contiene, ovvero in particolare l'EGCG. La principale attività dell'EGCG è quella di potenziare le difese antiossidanti (catalasi, superossido dismutasi e glutatione perossidasi) e quindi diminuire il danno cellulare[10]. Questo produce effetti salutari su tutti i tessuti.

  • Cancro

I meccanismi alla base dell'attività anticancro del tè verde sono le proprietà antiossidanti, l'induzione di enzimi della fase II, l'inibizione dell'espressione e del rilascio di TNF-α, l'inibizione della proliferazione (arresto del ciclo cellulare), l'induzione dell'apoptosi, l'inibizione della telomerasi.

  1. Polmone: per quanto riguarda l'oncogenesi, gli studi epidemiologici non mostrano risultati soddisfacenti; diversa è la situazione del ratto da esperimento, in cui il tè verde ha dimostrato una forte attività preventiva[11]. D'altra parte, è stato invece dimostrato che l'EGCG inibisce la migrazione delle cellule tumorali bronchiali, riducendo la probabilità di metastasi[12].

  2. Colon-retto: una preparazione standard di polifenoli di tè verde (Polyphenon E) limitava la crescita di tumori colorettali in ratti trattati con una sostanza cancerogena[13]. Una larga metanalisi del 2006 ha concluso che nell'uomo non ci sono dati epidemiologici sufficienti per attestare la riduzione del rischio di cancro colorettale nei bevitori di tè verde (né di tè nero)[14]. Tuttavia, in uno studio prospettico più recente, sono state seguite per 6 anni quasi 70mila donne cinesi di età compresa tra i 40 e i 70 anni. Le donne che bevevano regolarmente tè verde avevano all'inizio dello studio un rischio inferiore del 37% di sviluppare un cancro colorettale rispetto alle donne che lo bevevano di rado. Continuando a bere tè verde, al termine dello studio questo divario era salito al 57%, ovvero il rischio si riduceva della metà[15].

  3. Mammella: i dati epidemiologici hanno mostrato che il tè verde può ridurre il rischio di cancro mammario[16] (lo stesso studio suggerisce anche un possibile effetto promotore del tè nero sul cancro mammario). È stato dimostrato che il tè verde inibisce la crescita cancerosa tramite un effetto anti-proliferativo diretto sulle cellule tumorali, e incrementa l'effetto inibitorio del tamoxifenesul recettore degli estrogeni, aumentando l'effetto apoptotico[17].

  4. Ovaio: è stato dimostrato che il tè verde riduce significativamente il rischio di sviluppare un cancro ovarico[18] e che migliora e prolunga la sopravvivenza in donne con questo tipo di malattia, poiché blocca la crescita delle cellule cancerose e ne induce l'apoptosi[19].

  5. Prostata: il tè verde riduce il rischio di cancro prostatico; questo spiega in parte come l'incidenza di cancro alla prostata sia molto inferiore negli Asiatici che negli Occidentali[20].

  6. Tumori neuroectodermici primitivi (PNET) compreso il medulloblastoma: sono i più comuni tumori maligni dell'infanzia. Un'importante fase della carcinogenesi è rappresentata dalla stabilizzazione della lunghezza dei telomeri tramite l'azione della telomerasi. Essendo l'EGCG un inibitore della telomerasi, potrebbe avere un ruolo nella prevenzione di questo tipo di tumori[21].

  • Apparato cardiovascolare

Una larga metanalisi pubblicata dall'Università di Yale del 2006 ha puntato l'attenzione su quello che viene chiamato "paradosso asiatico": in Asia esiste una minore incidenza di malattie cardiovascolari e cancro, nonostante un consumo elevato di sigarette. Probabilmente le importanti quantità di tè verde consumate dagli asiatici hanno un ruolo protettivo.

  1. riduzione della mortalità. Uno studio condotto dall'Università di Ohsaki ha seguito per 11 anni 40.530 adulti tra i 40 e i 79 anni, e ha dimostrato che chi consumava almeno 5 tazze di tè verde al giorno aveva un rischio di mortalità globale minore del 16% e di mortalità dovuta a malattie cardiovascolari minore del 26% rispetto a chi consumava meno di una tazza al giorno.[22].

  2. riduzione dell'ipertrofia ventricolare sinistra da ipertensione renovascolare. L'EGCG può attenuare (nel ratto da esperimento) lo sviluppo di ipertrofia del ventricolo sinistro indotta da ipertensione di origine renale[23].

  3. riduzione della pressione arteriosa. Uno studio tutto italiano ha dimostrato come gli estratti di tè verde prevengano l'ipertensione e il danno d'organo derivati da alti livelli di angiotensina II, probabilmente tramite l'azione di scavenging sui radicali liberi e regolarizzando la funzione endoteliale[24].

  4. attività antitrombotica. Il tè verde ha azione antiaggregante: inibisce la formazione di trombi prevenendo l'aggregazione piastrinica[25].

  5. miglioramento del profilo lipidico ematico e rallenta lo sviluppo dell'aterosclerosi. Il tè verde previene l'ossidazione delle LDL e riduce la formazione di placche aterosclerotiche[26].

  • Apparato digerente

In un grosso studio di popolazione del 2006, il tè verde (almeno una tazza al giorno per sei mesi), nelle donne, riduceva del 27% il rischio di calcoli biliari, del 44% il rischio di cancro della colecisti e del 35% il rischio di cancro delle vie biliari. Negli uomini questo rischio era ridotto ma non in maniera così netta, probabilmente per il maggior consumo di sigarette[27].

  • Metabolismo dei grassi e degli zuccheri

La somministrazione quotidiana di un estratto di tè verde, provocava in 2 settimane una diminuzione significativa del grasso corporeo[28]. Risultati simili sono stati pubblicati in studi condotti da un gruppo di ricerca di Tokyo[29][30]. Il tè verde ha proprietà termogeniche e promuove l'ossidazione dei grassi in maniera superiore a quella provocata dal suo contenuto in caffeina di per sé, tali effetti infatti sarebbero dovuti alle catechine che stimolano il metabolismo ad accelerarsi ed eliminando gli adipociti in eccesso, tuttavia sotto questo aspetto è meglio consumarlo con discrezione perché attacca gli adipociti provocando una significativa riduzione di peso, e può influire sul funzionamento tiroideo, nove persone su dieci che consumano tè verde infatti sono gravemente sottopeso pur mangiando moltissimo.[31]. Questo, insieme all'inibizione della lipasi pancreatica (l'enzima pancreatico che digerisce i grassi) e al conseguente rallentamento con cui questi grassi vengono assorbiti per via linfatica dopo il pasto, rende conto dell'effetto ipotrigliceridemizzante (riduce i livelli di trigliceridi ematici circolanti).[32]. Inoltre il tè verde favorisce l'ossidazione dei grassi rispetto a quella degli zuccheri durante l'esercizio fisico moderato, e può migliorare la sensibilità all'insulina e la tolleranza al glucosio nel giovane adulto sano [33].

  • Sistema nervoso

Il tè verde ha globalmente un potente effetto neuroprotettivo.

  1. Potrebbe avere un ruolo nella prevenzione e nel trattamento di malattie neurodegenerative: Parkinson[34] e Alzheimer[35][36].

  2. L'epigallocatechina (EGCG) sopprime fortemente l'insorgenza e/o il danno neuronale da encefalite sperimentale autoimmune(modello animale della sclerosi multipla) indotta dalla proteina 139-151[37][38].

  3. Un consumo maggiore di tè verde è associato ad una minore prevalenza di disturbi cognitivi nell'uomo[39].

  4. È possibile che la L-teanina (amminoacido contenuto nel tè verde) possa avere un effetto anti-stress, inibendo l'eccitazione deineuroni corticali[6].

  5. I polifenoli del tè verde combattono i deficit cerebrali cognitivi dovuti alla sindrome da apnee ostruttive notturne (OSAS), caratterizzata da ipossia intermittente (le apnee notturne riducono l'apporto di ossigeno necessario al cervello durante il sonno)[40].

  • Malattie infiammatorie, autoimmuni e da radiazioni

I polifenoli del tè verde possono prevenire l'artrite reumatoide[41] nei ratti, oppure ne diminuiscono la severità dei sintomi, e riducono i sintomi in un modello murino di sindrome di Sjögren [42].

  1. Il tè verde ha un potenziale applicativo nella prevenzione e nel trattamento di malattie infiammatorie, in quanto inibisce (oltre alla DOPA decarbossilasi) la istidina decarbossilasi, l'enzima che produce istamina[43].

  2. Il tè verde potrebbe rappresentare un importante approccio farmacologico contro le malattie autoimmuni nell'uomo: oltre i noti effetti antinfiammatori ed antiapoptotici, in vitro ha dimostrato di inibire la trascrizione e la traduzione di diversi autoantigeni (SSB/La, SSA/Ro, DNA topoisomerasi I e altri)[44].

  3. Un estratto di tè verde filtrato in acqua calda, applicato sulla cute per dieci minuti, tre volte al giorno, migliorerebbe entro 22 giorni il danno cutaneo da terapia radiante[45].

  • Organi di senso

L'EGCG protegge le cellule epiteliali del cristallino umano dall'apoptosi mediata dai mitocondri, attraverso la modulazione delle caspasi, della famiglia Bcl-2, delle vie MAPK e Akt. Questo rende utile il tè verde per la prevenzione della cataratta[46].

  • Malattie infettive

È stato dimostrato che l'EGCG, legando con alta affinità il recettore CD4 dei linfociti T helper sul sito dedicato alla gp120 virale (il dominio D1), inibisce il legame e l'ingresso del virus HIV nella cellula stessa. Sono sufficienti concentrazioni fisiologicamente rilevanti di EGCG (0.2 micromol/L). Questo significa che l'EGCG ha un potenziale di applicazione nella terapia contro l'infezione da HIV-1 (AIDS)[47].

  • Intossicazioni

Il tè verde potrebbe migliorare il quadro clinico nell'intossicazione da arsenico, comune nelle regioni del Bengala Occidentale (India), in cui si verifica iperproduzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS) che producono danni permanenti al DNA. È stato dimostrato che, in vitro, i polifenoli del tè riducevano significativamente i danni del DNA indotti da arsenico in linfociti umani [48].

  • Cautela

    1. Evidenze farmacologiche e tossicologiche mostrano che i polifenoli del tè verde possano causare stress ossidativo e tossicità epatica a determinate concentrazioni[49][50]. Questo impone cautela nel consumo di estratti di tè concentrati. In particolare si raccomanda cautela nel consumo di tè verde in gravidanza.

    2. Il tè verde interagisce in maniera sfavorevole con un farmaco utilizzato nella terapia del mieloma multiplo, il bortezomib(Velcade, anticorpo monoclonale)[51]. Le molecole di EGCG contenute nel tè verde si legano alle molecole di bortezomib, impedendo a queste di legarsi alle cellule tumorali e di danneggiarle.[52].



Voci correlate 

  • Polifenoli

  • Camellia sinensis

  • Antiossidante

  • Paradosso asiatico (cardiologia)



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Aloe (medicinale)



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Secondo le indicazioni del Ministero della Salute e la farmacopea ufficiale F.U. IX l'aloe si usa come purgante. Entra anche nella preparazione del fernet e di altri prodotti alimentari, di cosmetici (in forma di Aloe-vera-Gel) ed è molto usata in veterinaria.

L'uso è controindicato negli stati di gravidanza (abortivo), durante l'allattamento e in ilei di ogni genere.

Indice

   

Uso popolare e come fitoterapico 

Nella tradizionale medicina popolare l'aloe barbadensis e l'aloe capensis vennero usati come lassativo / purgante per costipazioni acute. Si usava il succo inspessito delle foglia (aloina) o la polvere essiccata che è ancora officinale secondo F.U. IX.

Come polvere e come unguento, l'aloe si usa ancora nelle ferite e negli eczemi, visto che è stata riscontrata una sua funzioneantisettica.[1]

Negli anni 80 del secolo ventesimo l'industria cosmetica ha scoperto l'utilità dell'uso del succo fresco delle foglia, che dispone di proprietà rinfrescanti e blandamente idratanti, antiinfiammatori e battericidi, se applicato sulla pelle. È quindi usato come ingrediente a buon mercato di tanti prodotti cosmetici (sapone, emulsioni per il viso eccetera).

Nei primi anni del ventunesimo secolo è diventato un principio attivo di moda negli ambienti del fitness e del wellness, classico esempio di una medicina spinta dal marketing[senza fonte]: viene aggiunto a vari prodotti (in forma di "Aloe-vera-Gel"), dalla carta igienica aidetersivi fino allo yogurt come "toccasana" contro tutti i danni e i malanni della civiltà.

Questo è almeno obsoleto per quanto riguarda la somministrazione orale, perché la cuticola della foglia e le spine contengono degliantrachinoni (sostanza di quasi tutti vegetali lassativi), praticamente assenti nel gel interno, che a lungo ledono irreversibilmente i ganglineuronali che controllano la motilità intestinale e li rende "pigri". Anche piccole dosi (a ca. 50 mg appare l'effetto) a lungo sono lesive.[senza fonte]

La commissione E del Ministero tedesco per la Salute scrive:

Indicazioni: Stati patologici che richiedono una evacuazione con feci molli ad es.:

  • ragadi anali,

  • emorroidi,

  • interventi chirurgici anorettali,

  • occlusione intestinale.

Controindicazioni: gravidanza (abortivo), allattamento, ilei di qualsiasi origine.

Effetti collaterali: in caso di abuso o uso cronico: perdita di elettroliti, prevalentemente di potassio.

Interazioni: nessuna nota. In caso di abuso o uso cronico: potenziamento dell'effetto di glucosidi cardioattivi.

Posologia: Dose media giornaliera 0.05 - 0.2 g di polvere o estratto secco (tuttavia non è stata dimostrata scientificamente la dose corretta). Dose letale: 1 g per diversi giorni susseguenti!.

Si usano preparati commerciali secondo F.U. IX con una garantita concentrazione perché siano dosabili in modo razionale.

Panax



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Ginseng


Foglie e frutti di Panax quinquefolius



Classificazione scientifica

DominioEukaryotaPlantae

DivisioneMagnoliophyta

ClasseMagnoliopsida

SottoclasseAsteridae

OrdineApialesFamiglia

RegnoSottofamigliaAralioidae

GenerePanax

L.Specie

Subgenus Panax

Sezione Panax
- Serie Notoginseng

Panax notoginseng

- Serie Panax

Panax bipinnatifidus Panax ginseng - Ginseng cinese
Panax japonicus
 - Ginseng giapponese
Panax quinquefolius
 - Ginseng americano
Panax vietnamensis
Panax wangianus
Panax zingiberensis

Sezione Pseudoginseng

Panax pseudoginseng
Panax stipuleanatus

Subgenus Trifolius

Panax trifolius

Panax L. è un genere di 11 specie di piante perenni a crescita lenta con le radici carnose, appartenente alla famiglia Araliaceae, comunemente note come ginseng.

Indice

   

Etimologia 

Il termine Panax è latino (panax, panacis) ed è derivato dal greco παν ἀκέια, pan (tutto) akèia (cura, rimedio), termine dal quale viene anche la parola latina e italiana panacea, panaceae, cioè rimedio a tutti i mali. Il termine ginseng viene dal cinese 人蔘/人参, (pinyin: rénshēn), ossia pianta dell'uomo. Allo stato selvatico le piante crescono a gruppi, propagandosi dai semi caduti dalla pianta madre.

Quando cresce naturalmente il seme del ginseng germoglia all’inizio della primavera, dopo essere rimasto sotto terra da 18 a 21 mesi, un tempo di germinazione incredibilmente lungo.

Ma anche I tempi di crescita non sono brevi. Il primo anno di germoglio rimane a soli 5 centimetri da terra e porta solamente tre piccole foglie ovali e dentellate.In autunno lo stelo e le foglie cadono, lasciando una sorta di cicatrice sul rizoma della pianta.

Il rizoma e’una specie di fusto sotterraneo , che nel ginseng si definisce “Collo”.Contando il numero di cicatrici sul collo della radice si puo’ risalire all’eta’ della pianta .

Al terzo anno di crescita la pianta raggiunge solo circa 20 cm e porta tre gruppi di foglie , ciascuno formato da cinque foglie ( quinquefolium)

Al quarto anno raggiunge i 40 cm con cinque gruppi di foglie.



La radice del ginseng ,carnosa e fusiforme , di colore giallo paglierino, con un caratteristico sapore amarognolo, e’ caratterizzata dall’avere varie forme: drago ,bambino e uomo, questa e’ considerate la piu’ pregiata.

La radice del panax ginseng e’ commestibile come le carote o i ravanelli..

Esistono al mondo alcune varieta’ di Ginseng , classificate in una tabella dal Professor Hara.

In linea generale la specie piu’ preziosa e’ il “ Panax Ginseng C.A. Meyer (jen-Sheng), proveniente dalla Cina.

Se ne conoscono alter specie come il Panax Ginseng Coreano o come il Panax pseudoginseng ( a sette foglie) ritrovabile in Nepal, nell’Himalaia ed in Giappone.

Altre specie esistenti sono il Panax bipinnafitidum in Thailandia ed in Bimania ed il Panax Americano quinquefolium in America.

Distribuzione e habitat 

Si sviluppa nell'emisfero settentrionale in Asia orientale (principalmente Corea, Cina del Nord e Siberia orientale) ed in Nord America, tipicamente nei climi più freddi. La specievietnamita del Panax è quello più comunemente utilizzato. Il ginseng è caratterizzato dalla presenza dei ginsenosidi. La specie siberiana (Eleuterococcus senticosus) possiede una radice ramificata invece che carnosa e, anziché contenere ginsenosidi, contieneeleutherosidi. I principi attivi del Ginseng risultano essere saponosidi triterpenici (i ginsenoidi) il panaxiatrolo (un triestere) e tracce di olio essenziale.

Usi e caratteristiche 

Il suo impiego risale a migliaia di anni fa e la sua efficacia è attestata da numerosi studi scientifici[senza fonte], sebbene ci siano alcune ricerche di segno opposto. Numerose sono, comunque, le sue virtù: dall'incremento della resistenza fisica e delle capacità di recupero (ad esempio in seguito ad attività sportiva) al miglioramento della circolazione, passando per un potenziamento della memoria e della resistenza ai fattori ambientali negativi. Nel complesso riduce stress e nevrosi, migliora l'adattamento agli stimoli della vita quotidiana, potenzia il rendimento fisico e mentale, rafforza le difese immunitarie e abbassa i rischi di contrarre diverse malattie.

Proprietà 

Uno studio del 2002 effettuato dalla Southern Illinois University School of Medicine (pubblicato negli annali della New York Academy of Sciences) ha scoperto che negli animali da laboratorio, entrambe le forme (asiatica e americana) del ginseng migliorano la libido e le prestazioni sessuali. Questi effetti possono non essere dovuti a cambiamenti nella secrezione ormonale, ma ad una azione diretta da parte dei componenti del ginseng sul sistema nervoso centrale e sui tessuti gonadici[1][2]. Negli uomini, il ginseng può facilitare l'erezione del pene.[3]. Il ginseng è conosciuto per contenere fitoestrogeni[4][5][6] In alcuni studi, il ginseng è stato dimostrato avere effetti stimolanti sull'ipofisi per aumentare la secrezione delle gonadotropine. Un altro studio ha trovato che nei topi giovani, accelera lo sviluppo degli organi riproduttivi, mentre in topi adulti di sesso maschile, stimola la produzione di sperma, e allunga il periodo di estro in topi di sesso femminile.[7]

Effetti collaterali 

Secondo una frequente domanda sulla nutrizione sportiva, pubblicata da UMass Amherst, uno degli effetti indesiderati più comuni di questa pianta è l'insonnia[8] Tuttavia, altre fonti affermano che il ginseng non causi disturbi del sonno[9]. Altri effetti possono includerenausea, diarrea, mal di testa, sangue dal naso,[10] ipertensione, ipotensione, e dolore acuto al seno[11]. Il ginseng può anche portare amanie in pazienti depressi, che lo assumono insieme ad antidepressivi[12].

Applicazioni 

Il ginseng è una pianta nootropa o adattogena, che fornisce quindi, ad effetto delle stimolazioni del sistema nervoso, un atteggiamento comportamentale maggiormente orientato alla reattività ed alla attività, con conseguente sensazione di soggettivo benessere. Tale condizione di attività e di benessere produrrebbe secondariamente una incentivazione delle attività organiche coinvolgenti il sistema circolatorio, muscolare, e quindi anche poi immunitario e, di completo riflesso, lo stesso sistema nervoso.

È da considerare, soprattutto nella medicina tradizionale cinese, la forte connotazione simbolica che assume in genere il farmaco, spesso a funzione di placebo, nei confronti del benessere del paziente considerato individualmente. (In sintesi: è importante che "quel" paziente abbia una sensazione di aumentato benessere indipendentemente da attività farmacologiche). In tale interpretazione, il ginseng assume un'importanza esagerata per fattori che sono poco legati alla reale portata farmacologica, come è comunemente scientificamente intesa.

A semplice esempio, la pianta del ginseng è coltivata per produrre radici di "forma umana", o degli organi, cioè con ramificazioni che suggeriscono la forma degli arti, della testa, degli attributi sessuali dei due sessi, ecc.; gli agricoltori che riescono a riprodurre in maniera migliore tali forme riescono a spuntare alla vendita prezzi di tutto rispetto. Tali forme sarebbero in grado infatti di far svolgere alla radice attività curativa per le parti "rappresentate", secondo le intenzioni del paziente.

Se tale attività è considerabile come "medica" (nel senso di migliorare la sensazione positiva percepita dal paziente) non lo è però dal punto di vista effettivamente farmacologico, come è normalmente inteso.

Miele



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Miele e pane

Il miele è un alimento prodotto dalle api (e, in misura minore, dalle vespe). Viene prodotto a partire dal nettare e dalla melata. La melata è prodotta da vari Omotteri, fitomizi, i cui escrementi zuccherini sono la base alimentare per numerosi insetti.

Indice

   

Storia 

La parola miele sembra derivare dall'ittita melit. Per millenni ha rappresentato l'unico alimento zuccherino concentrato disponibile. Le prime tracce di arnie costruite dall'uomo risalgono alVI millennio a.C. circa.

Anche nell'antico Egitto il miele era apprezzato, e le prime notizie di apicoltori che si spostavano lungo il Nilo per seguire con le proprie arnie la fioritura delle piante risalgono a 4000 anni fa. Gli Egizi usavano deporre accanto alle mummie grandi coppe colme di miele, che il defunto avrebbe consumato durante il viaggio nell’aldilà (vasi di miele ermeticamente chiusi il cui contenuto si era perfettamente conservato sono stati rinvenuti durante gli scavi delle tombe dei faraoni). In alcuni geroglifici si leggono ricette a base di miele impiegate sia nell’arte culinaria che in medicina (cura dei disturbi digestivi, unguenti per piaghe e ferite). [1]

I sumeri lo impiegavano in creme con argilla, acqua e olio di cedro, mentre i babilonesi lo impiegavano per cucinare: erano diffuse infatti le focaccine fatte con farina, sesamo, datteri e miele. Nel Codice di Hammurabi si ritrovano articoli con cui gli apicoltori erano tutelati dal furto di miele dalle arnie.

La medicina ayurvedica, già tremila anni fa, considerava il miele purificante, afrodisiaco, dissetante, vermifugo, antitossico, regolatore, refrigerante, stomachico e cicatrizzante. Per ogni specifico caso era indicato un differente tipo di miele: di ortaggi, di frutti, di cereali o di fiori.

I Greci lo consideravano "cibo degli dei", e dunque rappresentava una componente importantissima nei riti che prevedevano offerte votive. Omero descrive la raccolta del miele selvatico; Pitagora lo raccomandava come alimento per una vita lunga.

I romani ne importavano grandi quantitativi da Creta, da Cipro, dalla Spagna e da Malta. Quest'ultima pare anche derivarne il nome originale Meilat, appunto terra del miele. Veniva utilizzato come dolcificante, per la produzione di idromele, di birra, come conservante alimentare e per preparare salse agrodolci.

Il miele ebbe un ruolo centrale nella alimentazione medievale, ma fu gradualmente soppiantato come agente dolcificante nei secoli successivi soprattutto dopo l'introduzione dello zucchero raffinato industrialmente. Recentemente in virtù delle proprietà terapeutiche il miele sta in parte ritornando in voga.

Animali mellivori 

Produzione 

Il miele è prodotto dall'ape sulla base di sostanze zuccherine che essa raccoglie in natura.

Le principali fonti di approvvigionamento sono il nettare (botanica)Il nettare, che è prodotto dalle piante da fiori (angiosperme), e lamelata, che è un derivato della linfa degli alberi, prodotta da alcuni insetti succhiatori come la metcalfa, che trasformano la linfa delle piante trattenendone l'azoto ed espellendo il liquido in eccesso ricco di zuccheri.

Per le piante, il nettare serve ad attirare vari insetti impollinatori, allo scopo di assicurare la fecondazione dei fiori. A seconda della loro anatomia, e in particolare della lunghezza della proboscide (tecnicamente detta ligula), le api domestiche possono raccogliere il nettare solo da alcuni fiori, che sono detti appunto melliferi.

La composizione dei nettari varia secondo le piante che li producono. Sono comunque tutti composti principalmente da glucidi, comesaccarosio, glucosio e fruttosio, e acqua.

Il loro tenore d'acqua può essere importante, e può arrivare fino al 90%.

La produzione del miele comincia nell'ingluvie dell'ape operaia (la cosiddetta borsa melaria), durante il suo volo di ritorno verso l'alveare. Nell'ingluvie si aggiunge al nettare l'invertasi, un enzima che ha la proprietà di idrolizzare il saccarosio in glucosio e fruttosio.

Giunta nell'alveare, l'ape rigurgita il nettare, ricco d'acqua, che deve poi essere disidradato per assicurarne la conservazione.

A questo scopo, le api bottinatrici lo depongono in strati sottili sulla parete delle celle. Le api operaie ventilatrici mantengono nell'alveare una corrente d'aria che provoca l'evaporazione dell'acqua. Quando questa è ridotta ad una percentuale dal 17 al 22%, il miele è maturo. Viene quindi immagazzinato in altre cellette che, una volta piene, saranno sigillate (opercolate).

Principi nutritivi contenuti 

I principali componenti del miele sono:

  • Glucosio

  • Fruttosio

  • Acqua

  • Polline

Zuccheri ed Apporto Calorico 

Gli zuccheri sono presenti in quantità variabile ma in media intorno al 72%. Di questi, i monosaccaridi fruttosio e glucosio passano da circa il 70% nei mieli di melata fino ad avvicinarsi molto al 100% in alcuni mieli di nettare. Tranne pochi casi, il fruttosio è sempre lo zucchero più rappresentato nel miele. La presenza di fruttosio dona al miele un potere dolcificante superiore allo zucchero raffinato ma anche una fonte di energia che il nostro organismo può sfruttare più a lungo. Infatti, per essere utilizzato, deve essere prima trasformato in glucosio e, quindi in glicogeno, il "carburante" dei nostri muscoli. Il miele è dunque consigliabile agli atleti prima di iniziare un'attività fisica, grazie anche all'apporto calorico di circa 300 calorie per 100 grammi. [2]. Lo zucchero raffinato, rispetto al miele, contiene invece saccarosio, che è un disaccaride, ed è inoltre privo di vitamine ed oligoelementi.

Oligoelementi 

Nel miele esiste una discreta presenza di oligoelementi quali metalli (rame, ferro, iodio, manganese, silicio, cromo, presenti soprattutto nei mieli più scuri), vitamine (A,E,K,C, complesso B), enzimi e sostanze battericide (acido formico) ed antibiotiche (germicidina): queste ultima categorie di sostanze permettono in particolare al miele di essere conservato a lungo, e ne giustificano l'utilizzo come disinfettante naturale.

Proprietà farmacologiche e curative 

Azione Antibatterica 

L'azione antibatterica del miele è nota da tempo ed è dovuta alla sua elevata concentrazione zuccherina e al pH acido, e delle soluzioni di miele, grazie all'azione della glucoso-ossidasi contenuta. Questo enzima, inattivo nel miele puro, in soluzione si attiva, trasformando il glucosio in acido gluconico e acqua ossigenata. Questo accorgimento è dovuto alla necessità di proteggere il miele in formazione daibatteri, quando ancora non agiscono l'acidità e la concentrazione di zuccheri.

Proprietà Specifiche 

Nella medicina erboristica, il miele è suggerito per la cura del sistema epoietico (grazie alla ricchezza di sali), del sistema cutaneo (favorisce la cicatrizzazione e l'idratazione), del sistema nervoso (migliorerebbe sonno e concentrazione), dell'apparato respiratorio (contro tosse e catarro, sciolto in latte o tè), dell'apparato circolatorio (si presuppone abbia un'azione ipotensiva), dell'apparato digerente (regolarizzerebbe l'attività escretoria dei succhi gastrici e della flora batterica, migliorerebbe l'assorbimento di calcio e magnesio, sarebbe leggermente lassativo fatta eccezione per quello di lavanda o castagno).

Sebbene qualsiasi tipo di miele sia ritenuto utile per alleviare i disturbi sopracitati, dalla flora nettarifera, cui si aggiunge una più o meno lunga stagionatura, dipendono proprietà farmacologiche più specifiche: il miele d’acacia sarebbe disintossicante e antinfiammatorio delle vie respiratorie, quello di tiglio avrebbe proprietà sedative ed sarebbe utile contro l'emicrania, il miele d’eucalipto sarebbe espettorante, vermifugo e antitosse, quello d’erica diuretico ed antianemico, quello di lavanda risulterebbe utile sulla bruciature per uso esterno, il miele di conifera sarebbe utile contro le affezioni respiratorie, il miele di biancospino verrebbe consigliato contro ansia ed insonnia, quello di castagno sarebbe utile contro la cattiva circolazione.

Conservazione 

Grazie alle qualità di antibatterico naturale, il miele è un alimento che naturalmente ha una lunga conservazione. Tuttavia, sono possibili alcune alterazioni dovute principalmente a:

  • Umidità

  • Luce

  • Calore

L'umidità favorisce la fermentazione, che pur alterando il miele, può essere utilizzata per produrre l'idromele. La temperatura invece influenza direttamente l'aroma e i principi nutritivi: mentre al di sotto dei 10° Celsius è trascurabile (anzi, per evitare la cristallizzazione si può conservare il miele a temperature al di sotto dello zero), due mesi a 30° degradano il miele come un anno e mezzo a 20°. Analogo discorso vale per la luce diretta, quindi è opportuno conservare il miele in recipienti scuri o al chiuso. Inoltre, essendoigroscopico, il miele tende ad assorbire l'umidità e gli odori dell'ambiente, quindi i contenitori dovrebbero essere a chiusura ermetica.

La degradazione dello zucchero fruttosio, sia col tempo, sia in seguito a trattamento termico, genera idrossimetilfurfurale (HMF). Dato che l'HMF è praticamente assente nei mieli freschi, il suo valore, solitamente indicato in mg per kg (ppm) è un indicatore della buona conservazione e del tipo di lavorazione del miele. Il limite imposto dalla legge italiana è di 40 mg/kg. Nei mieli industriali, che sono sempre "liquidi", l'HMF è molto spesso vicino, se non pari a tale valore.

Fasi di lavorazione del miele 

Le fasi di lavorazione del miele sono un insieme di procedimenti che l'apicoltore compie per ottenere il miele in forma commercializzabile.

La lavorazione dell'uomo inizia dove finisce quella dell'ape ovvero alla fine delle fioriture, dopo che le api hanno immagazzinato ed opercolato il miele nei favi.

La lavorazione di seguito descritta è quella utilizzata nell'apicoltura moderna razionale.

Estrazione dei melari 

Le api accumulano il miele prodotto nei favi contenuti nei melari. Al momento opportuno l'apicoltore decide di toglierli dall'arnia per portarli in laboratorio ed iniziare l'estrazione del miele. Questa fase comporta la necessità di togliere le api contenute nel melario. Per questa operazione vengono alternativamente utilizzati due strumenti: il soffiatore, oppure gli apiscampi. Il soffiatore viene utilizzato dagli apicoltori professionisti perché più rapido e perché è sufficiente una sola visita per completare l'estrazione dei melari. Il melario viene posto in verticale sull'arnia, il soffiatore spazza via tutte le api in pochi secondi ed il melario è pronto per essere portato via. Gli apiscampi invece devono essere posti tra il nido ed i melari qualche giorno prima di poter portar via i melari e quindi è necessario effettuare due passaggi. Vengono utilizzati, seppure inefficienti, dagli apicoltori hobbisti in quanto (in numero limitato) sono più economici del soffiatore.

Stoccaggio dei melari 

Una volta tolti dalla loro posizione sopra l'arnia, i melari vengono portati in laboratorio ed accatastati. In questo momento è opportuno controllare il grado di umidità del miele con un particolare tipo di rifrattometro chiamato mielometro. Se risultasse troppo umido occorrerebbe procedere alla fase di deumidificazione.

Disopercolatura 

I favi dei melari sono generalmente opercolati, ovvero con le cellette chiuse con un tappo di cera. Occorre togliere questo "tappo" per permettere al miele di fuoriuscire. Questa operazione viene effettuata manualmente con una apposita forchetta o coltello, oppure attraverso un procedimento meccanizzato grazie alla macchina disopercolatrice.

Smielatura 

Una volta disopercolate le celle, i telaini vengono posti nello smelatore che, grazie alla forza centrifuga, fa fuoriuscire il miele. Dallo smielatore il miele viene convogliato nei maturatori anche in questo caso con procedimenti differenziati tra professionisti ed hobbisti. I primi utilizzano un sistema di tubi e pompe, mentre i secondi preferiscono i più economici secchi (detti "latte").

Filtraggio 

Il miele viene versato nei maturatori passando attraverso i filtri che raccolgono i residui di cera, i resti delle api e qualsiasi altro materiale fosse accidentalmente finito nel miele. I filtri hanno maglie di diverse dimensioni e, di solito, se ne utilizzano un paio con maglie differenziate (larghe, sottili). Vengono utilizzati anche filtri a sacco di nylon.

Decantazione 

Nella fase di smielatura il miele acquista aria che viene eliminata nella fase di decantazione: nel maturatore il miele decanta e l'aria viene a galla sotto forma di bollicine che formano la schiuma.

Schiumatura 

In questa fase viene eliminata la schiuma prodotta dalla fase di decantazione.

Invasettamento 

Una volta tornato limpido per l'eliminazione dell'aria e prima che inizi la cristallizzazione il miele può essere invasettato (per la vendita al dettaglio) o versato in latte o fusti (per la vendita all'ingrosso). Per invasettare viene utilizzata una macchina chiamata invasettatrice.

Stoccaggio 

Lo stoccaggio è una fase importante per il miele in quanto una elevata temperatura, un'esposizione al sole o altre operazioni errate possono compromettere la qualità, il sapore ed anche la commestibilità del prodotto.

Tipi di miele 

Sono migliaia le specie vegetali visitate dalle api: alcune danno origine a mieli monofloreali, in genere più pregiati e dall’aroma deciso, altre concorrono a produrre le varietà millefiori.

A seconda della fiorita da cui viene tratto il nettare, variano il sapore, il colore e la consistenza del miele, le cui molteplici varietà rivelano impensate differenze all’olfatto e al gusto: dall’aroma delicato del miele d’acacia, limpidissimo e liquido, al profumo intenso di quello di tiglio, al gusto amarognolo di quello di castagno, denso e scuro, al sapore pungente del miele d’eucalipto.

Tipi di miele diffusi in Italia[3] 

  • Millefiori (senza un ingrediente prevalente)

  • Miele di acacia (Robinia pseudoacacia)

  • Miele di agrumi

  • Miele di ailanto

  • Miele di carrubo (Ceratonia siliqua)

  • Miele di castagno (Castanea sativa)

  • Miele di corbezzolo (Arbutus unedo)

  • Miele di edera

  • Miele di erica (Erica spp.)

  • Miele di eucalipto

  • Miele di colza (Brassica napus)

  • Miele di girasole

  • Miele di lavanda

  • Miele di leguminose:

    • Trifoglio

    • Erba medica

    • Ginestrino

    • Meliloto

    • Sulla

  • Miele di melata:

    • Miele di melata d'abete

    • Miele di melata di Metcalfa pruinosa, un rincoto omottero di origine americana

    • Miele di melata di nocciolo

    • Miele di melo

  • Miele di rododendro

  • Miele di tarassaco

  • Miele di tiglio

  • Miele di timo

  • Miele di cardo

  • Miele di asfodelo

  • Miele di zagara

  • Miele di bergamotto

  • Miele di rosmarino

La legge italiana 

Ingrandimento di un favo naturale

Il miele, per la legge italiana, non può subire aggiunte di sorta, e gli unici trattamenti a cui può essere sottoposto sono:

  • Estrazione dai favi per forza centrifuga

  • Decantazione

  • Filtraggio

  • Cristallizzazione guidata

La cristallizzazione dipende dalla quantità di zuccheri, soprattutto glucosio, contenuta nel miele. Essendo una soluzione sovrassatura, il tempo necessario varia in maniera inversamente proporzionale alla concentrazione degli zuccheri: da poche settimane, o addirittura nei favi dell'alveare, per il miele di colza, tarassaco o edera che sono molto ricchi di glucosio, finanche a superare un anno per il miele d'acacia, di melata e dicastagno, ricchi di fruttosio.

I trattamenti termici, utilizzati per mantenere il miele allo stato liquido, privano il miele di molti principi nutritivi. È quindi preferibile l'utilizzo di miele cristallizzato o cremoso al di fuori del periodo di produzione.

Uso di farmaceutici nella produzione di miele 

Talvolta nell'allevamento delle api vengono utilizzati farmaci che possono contaminare il miele.

In Europa, ai sensi del regolamento 2377/90, non sono previsti limiti residuali di antibiotici nei mieli e nella pappa reale che pertanto devono considerarsi vietati negli alveari in produzione. Sono invece ammessi in alcuni paesi (Italia esclusa) per la cura di alcune patologie quali la peste americana e la peste europea.

In alcuni stati extraeuropei ne è consentito l'uso sistematico per la prevenzione delle medesime patologie. In particolare negli Stati Unitiè frequente l'uso di tetracicline e del sulfatiazolo. In altri stati, quali la Cina sono frequenti le contaminazioni con il cloramfenicolo, unantibiotico che può causare gravi effetti collaterali.[4]

La globalizzazione sta inoltre portando a frequenti episodi di contaminazione con cloramfenicolo dovuti alle triangolazioni del mercato.[5]

Riconoscimenti 

Sono stati riconosciuti come prodotti agroalimentari tradizionali italiani i seguenti mieli:

Regione Abruzzo

  • miele d'Abruzzo

Regione Basilicata

  • miele lucano

Regione Calabria

  • miele di arancio calabrese

  • miele di castagno calabrese

  • miele di corbezzolo

  • miele di eucaliptus calabrese

  • miele di melata di abete calabrese

  • miele di sulla calabrese

Regione Campania

  • miele di acacia

  • miele di castagno

  • miele di girasole

  • miele di sulla

  • miele millefiori

Regione Emilia-Romagna

  • miele del crinale dell’appennino emiliano romagnolo

  • miele di erba medica della pianura emiliano romagnolo

  • miele di tiglio, mel tiglio

  • miele vergine integrale

Regione Friuli-Venezia Giulia

Regione Lazio

  • miele del Monte Rufeno

  • miele monoflora di eucalipto della Pianura Pontina

Regione Liguria

Regione Lombardia

Regione Toscana

  • miele della Lunigiana D.O.P (il primo miele in Italia a denominazione di origine protetta)

Regione Veneto

  • Miele delle Dolomiti Bellunesi D.O.P. (il secondo miele in Italia a denominazione d'origine protetta)

Regione Sardegna

  • miele di cardo

Voci correlate 

  • Aceto di miele

  • Alimentazione

  • Apicoltura

  • Apis

  • Idromele

  • Nettare

  • Polline

  • Propoli

  • Pinobanksina

  • Pinocembrina

Note 

  1.  ^ Le proprietà del miele | biopedia.it

  2.  ^ calorie miele

  3.  ^ Fonte: Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani

  4.  ^ Guida all'uso dei farmaci: cloramfenicolo

  5.  ^ Controllo CE alimenti apistici - Unaapi - Mieli d'Italia

Altri progetti 

  •  Commons contiene file multimediali sul miele

  •  Wikiquote contiene citazioni sul miele

Collegamenti esterni 

  • Miele su Open Directory Project (Segnala su DMoz un collegamento pertinente all'argomento "Miele")

  • Legge 25 maggio 2004, n. 179, in materia di Attuazione della direttiva 2001/110/CE concernente la produzione e la commercializzazione del miele



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